11 Nov La Cura dei Figli Cambia i Padri
Nelle società occidentali si sta diffondendo un nuovo modo di esercitare la paternità sulla spinta dei cambiamenti sociali e culturali che stanno disegnando nuovi confini nei rapporti fra uomo e donna nella società e nella famiglia con sorprendenti risvolti sulla fisiologia di genere.
Nelle nostre società non sono più un evento raro i padri che si muovono per le città con il marsupio o la tradizionale carrozzina, cambiano i pannolini, fanno il bagnetto e preparano i biberon affiancando la presenza della madre. Negli anni ’70 del secolo scorso i padri dei paesi occidentali trascorrevano una media di 19 minuti al giorno con i figli, un tempo che è arrivato a superare l’ora quotidiana una generazione dopo, con una significativa accelerazione negli ultimi anni. Un cambiamento di stile di vita significativo che accompagna le trasformazioni sociali e culturali delle società contemporanee e vede un lento ma costante aumento della presenza delle donne a tutti i livelli e la necessaria compartecipazione dei loro compagni alle cure genitoriali. Un cambiamento al di fuori della tradizionale divisione del lavoro familiare fra incombenze maschili e femminili che ha attraversato gran parte delle società del nostro passato e del presente con il recente lento passaggio ad una concezione di famiglia diversa rispetto a questa lunga storia.
L’antropologa Sarah Hrdy professoressa emerita all’Università della California nel suo libro Il Tempo dei Padri analizza questo nuovo fenomeno in modo inusuale partendo dalle sue esperienze familiari. È della generazione dei boomers nella quale la cura dei figli era esclusiva competenza femminile. Il suo viaggio nel nuovo modello di paternità è iniziato da suo genero il quale ha dedicato molto del suo tempo alla cura della figlia nella fase post natale e oltre. Hrdy dall’alto dei suoi studi antropologici indirizzati all’analisi del rapporto delle famiglie con la cura dei figli in molte società primitive parla esplicitamente dell’inizio di una rivoluzione della paternità che si sta muovendo nelle profondità delle società contemporanee solo una generazione dopo la sua.
Un fenomeno oggetto di un percorso di ricerca che dall’inizio del secolo ha indagato sul significato di questo nuovo paradigma genitoriale. Marian Bakermans-Kranenburg dell’Università di Stoccolma con un gruppo di ricercatori sono partiti dalla quotidianità di queste nuove esperienze di paternità realizzando un insieme di studi clinici di frontiera su elementi apparentemente marginali ma finalizzati alla comprensione del nuovo rapporto fra padri e figli. Si è indagato sulla loro reazione al pianto dei bambini, sugli effetti dell’uso del marsupio e della loro partecipazione ai corsi preparto e sui genitori delle famiglie omogenitoriali.
I risultati di questi studi clinici hanno messo in luce che gli uomini in contatto intimo e prolungato con i loro figli mostrano risposte molto simili a quelle che accadono nei corpi e nei cervelli delle madri. Inedite e inaspettate abilità genitoriali messe finora in ombra dalle tradizionali forme di accudimento dei figli dominanti nelle nostre società un potenziale che gli stessi uomini non pensavano di possedere. Un nuovo ruolo che ha prodotto nei padri cambiamenti cognitivi e ormonali in relazione ai loro nuovi compiti che non sono contro natura perché compatibili con la fisiologia umana. Nei loro corpi diminuisce il testosterone l’ormone maschile per eccellenza e aumenta l’estradiolo l’ormone femminile mettendo in discussione il tradizionale ruolo che giocano gli ormoni maschili e femminili. Ruoli che nella fisiologia degli esseri umani non sono rigidamente assegnati una volta per tutte ad un solo genere, ma possono scambiarsi alcune funzioni a seconda delle situazioni sociali e culturali dentro le quali vivono i singoli individui. Natura e cultura non sono in contraddizione perché rappresentano le due facce della stessa medaglia. “Dopo migliaia di anni in cui uomini e figli sono stati spesso percepiti come abitanti di mondi paralleli si sono finalmente incontrati” ricorda Bakermans-Kranenburg “Un evento emozionante e cruciale per la qualità della vita di entrambi e che assieme alle esperienze di omogenitorialità e delle famiglie allargate cambierà in profondità le dinamiche fra uomini, donne e figli”.
Non sono più un evento raro nelle nostre società i padri che si muovono per le città con il marsupio o la tradizionale carrozzina, cambiano i pannolini, fanno il bagnetto e preparano i biberon affiancando la presenza della madre. Negli anni ’70 del secolo scorso i padri dei paesi occidentali trascorrevano una media di 19 minuti al giorno con i figli, un tempo che è arrivato a superare l’ora quotidiana una generazione dopo, con una significativa accelerazione negli ultimi anni. Un cambiamento di stile di vita significativo che accompagna le trasformazioni sociali e culturali delle società contemporanee e vede un lento ma costante aumento della presenza delle donne a tutti i livelli e la necessaria compartecipazione dei loro compagni alle cure genitoriali. Un cambiamento al di fuori della tradizionale divisione del lavoro familiare fra incombenze maschili e femminili che ha attraversato gran parte delle società del nostro passato e del presente con il recente lento passaggio ad una concezione di famiglia diversa rispetto a questa lunga storia.
L’antropologa Sarah Hrdy professoressa emerita all’Università della California nel suo libro Il Tempo dei Padri analizza questo nuovo fenomeno in modo inusuale partendo dalle sue esperienze familiari. È della generazione dei boomers nella quale la cura dei figli era esclusiva competenza femminile. Il suo viaggio nel nuovo modello di paternità è iniziato da suo genero il quale ha dedicato molto del suo tempo alla cura della figlia nella fase post natale e oltre. Hrdy dall’alto dei suoi studi antropologici indirizzati all’analisi del rapporto delle famiglie con la cura dei figli in molte società primitive parla esplicitamente dell’inizio di una rivoluzione della paternità che si sta muovendo nelle profondità delle società contemporanee solo una generazione dopo la sua.
Un fenomeno oggetto di un percorso di ricerca che dall’inizio del secolo ha indagato sul significato di questo nuovo paradigma genitoriale. Marian Bakermans-Kranenburg dell’Università di Stoccolma con un gruppo di ricercatori sono partiti dalla quotidianità di queste nuove esperienze di paternità realizzando un insieme di studi clinici di frontiera su elementi apparentemente marginali ma finalizzati alla comprensione del nuovo rapporto fra padri e figli. Si è indagato sulla loro reazione al pianto dei bambini, sugli effetti dell’uso del marsupio e della loro partecipazione ai corsi preparto e sui genitori delle famiglie omogenitoriali.
I risultati di questi studi clinici hanno messo in luce che gli uomini in contatto intimo e prolungato con i loro figli mostrano risposte molto simili a quelle che accadono nei corpi e nei cervelli delle madri. Inedite e inaspettate abilità genitoriali messe finora in ombra dalle tradizionali forme di accudimento dei figli dominanti nelle nostre società un potenziale che gli stessi uomini non pensavano di possedere. Un nuovo ruolo che ha prodotto nei padri cambiamenti cognitivi e ormonali in relazione ai loro nuovi compiti che non sono contro natura perché compatibili con la fisiologia umana. Nei loro corpi diminuisce il testosterone l’ormone maschile per eccellenza e aumenta l’estradiolo l’ormone femminile mettendo in discussione il tradizionale ruolo che giocano gli ormoni maschili e femminili. Ruoli che nella fisiologia degli esseri umani non sono rigidamente assegnati una volta per tutte ad un solo genere, ma possono scambiarsi alcune funzioni a seconda delle situazioni sociali e culturali dentro le quali vivono i singoli individui. Natura e cultura non sono in contraddizione perché rappresentano le due facce della stessa medaglia. “Dopo migliaia di anni in cui uomini e figli sono stati spesso percepiti come abitanti di mondi paralleli si sono finalmente incontrati” ricorda Bakermans-Kranenburg “Un evento emozionante e cruciale per la qualità della vita di entrambi e che assieme alle esperienze di omogenitorialità e delle famiglie allargate cambierà in profondità le dinamiche fra uomini, donne e figli”. © RIPRODUZIONE RISERVATA