
16 Giu Ladri di Sabbia
È una attività criminale transnazionale che sta portando al collasso interi ecosistemi fluviali e marini.
L’estrazione di sabbia nel 2020 ha prodotto un fatturato di 250 miliardi di dollari superata solo dalle attività di contraffazione dei prodotti a marchio e dal commercio della droga. È la più grande industria mineraria al mondo perché è l’ingrediente principale del calcestruzzo e l’industria edile civile e industriale è in forte crescita da decenni in particolare in Cina. In pochi anni questo paese ha utilizzato più cemento armato che gli Stati Uniti in tutto il ventesimo secolo. Ogni anno a livello globale vengono utilizzate fino a 50 miliardi di tonnellate di sabbia, secondo un dettagliato rapporto del Programma per l’Ambiente delle Nazioni Unite. L’unica risorsa naturale più consumata è l’acqua. Entrambe sono accomunate da un uguale destino: la loro disponibilità sembra illimitata, ma per entrambe in alcuni paesi siamo prossimi ai loro limiti naturali di ricambio.
Rispetto ad altre risorse naturali come petrolio e carbone, la sabbia è piuttosto facile da reperire ma difficile da proteggere dalle attività estrattive illegali. È stato documentato che meno del 4% degli 80 milioni di tonnellate di sabbia che Singapore ha importato dalla Cambogia era di provenienza certificata. In circa settanta paesi in gran parte in via di sviluppo, l’estrazione illegale di sabbia da parte della cosiddetta Sand Mafia è un fenomeno comune. Una ricerca del 2022 condotta dall’Università di Amsterdam ha concluso che stiamo estraendo sabbia dai fiumi, dai laghi e dalle rive del mare a ritmi che superano di gran lunga la capacità dei processi naturali di sostituirla, tanto che il mondo potrebbe esaurire la sabbia per l’edilizia entro il 2050. Il ripristino naturale delle sabbie nei fiumi ha tempi che non possono reggere i ritmi attuali dei consumi. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite vanno trovate soluzioni alternative da parte dei Paesi interessati al fenomeno in particolare quelli in via di sviluppo.
È paradossale che siamo prossimi ad una crisi per carenza di sabbia da costruzione quando abbiamo deserti che ne contengono centinaia di miliardi di tonnellate. Il problema nasce dal tipo di sabbia richiesta dai costruttori. Quella dei deserti non è utilizzabile perché è troppo fine e rotonda per formare aggregati stabili quando viene miscelata con il cemento. La sabbia utile per le costruzioni deve essere di forma irregolare ed è abbondante nelle pianure alluvionali dei fiumi così come nei laghi e sulle rive del mare. Nell’ultimo decennio per la costruzione di alcune megastrutture residenziali a Kuwait City, una città letteralmente circondata dal deserto è stata utilizzata sabbia importata dall’Australia…
I danni ambientali degli eccessivi prelievi di sabbia sono alti e difficilmente ripristinabili con interventi di recupero. Un caso di scuola in termini di distruzione di un ecosistema è diventato a inizio secolo il Mekong il fiume più lungo e importante dell’Indocina. Nel suo delta la continua attività di estrazione illegale della sabbia ha prodotto danni ambientali e sociali difficilmente recuperabili anche sul lungo periodo in un territorio chiave nell’economia del Vietnam. L’analisi delle immagini satellitari Landsat che vanno dal 1973 al 2015 ha messo in evidenza che il 66% della costa del delta del Mekong mostrava segni di erosione poiché le attività estrattive hanno fatto collassare le rive con la perdita di terreni agricoli e di piccoli centri abitati rivieraschi. L’estrazione di sabbia dal letto del fiume ne ha abbassato l’alveo con la riduzione dei livelli altimetrici medi del corso dell’acqua che dovrebbero essere al di sopra di quelli dei canali di irrigazione delle molte aree coltivate a riso sulle sue sponde. L’abbassamento dell’alveo del delta ha prodotto a sua volta l’infiltrazione di acqua di mare con l’aumento della percentuale di sale nelle sue acque un fenomeno che con il tempo renderà i terreni circostanti inadatti alla coltivazione.
In molti paesi in via di sviluppo da anni sono state emanate leggi che regolamentano l’estrazione di sabbia. Ma vengono ignorate dalle organizzazioni criminali locali in collegamento con quelle transnazionali che eludono i controlli non sempre all’altezza del compito. Metà della sabbia scavata in Marocco è illegale così come in Kenya, in Mali e altri paesi africani. Secondo l’opinione di Pascal Peduzzi del Programma per l’ambiente delle Nazioni Unite si potrebbe introdurre un sistema di certificazione della sabbia simile a quello in atto da molti anni per le foreste che ha dato buoni risultati in termini di difesa dell’ecosistema.
Una interessante ipotesi avanzata dal governo marocchino per preservare le zone interessate ai prelievi illegali di sabbia sarebbe il loro inserimento nella Convenzione sulle Zone Umide stipulato a Ramsar in Iran nel 1971. È un insieme di regole a salvaguardia di territori di particolare interesse paesaggistico finora osservata dalla maggior parte dei paesi membri delle Nazioni Unite. Secondo i protocolli di questa Convenzione le zone umide inserite nel programma di conservazione sono costantemente monitorate da un comitato consultivo indipendente a garanzia che il sito sia preservato e non saccheggiato o danneggiato. Da alcuni anni le nuove tecnologie potrebbero aiutare a distinguere se la sabbia proviene da un’operazione legale o illegale. Nel 2023 ricercatori di diverse università hanno dimostrato la fattibilità di un sistema ottico in grado di rilevare le impronte digitali dei granelli di sabbia, consentendo di risalire al loro sito di origine. Una ipotesi interessante perché in questo caso i paesi emergenti sarebbero supportati da organismi internazionali nella loro lotta contro i furti di sabbia e non lasciati soli come spesso accade.
Nei paesi sviluppati le regole sullo sfruttamento della sabbia dei fiumi locali sono rigide quindi funziona l’importazione non sempre di prodotti certificati. Il programma UNEP dell’ONU ricorda che bisognerebbe iniziare a praticare l’economia circolare anche per la sabbia con il riutilizzo degli enormi quantitativi di scarto provenienti dalle demolizioni di edifici industriali e civili incoraggiando il loro utilizzo almeno nei contratti per la costruzione degli edifici pubblici. In alternativa sta diventando praticabile la possibilità di utilizzare la sabbia prodotta con la frantumazione delle rocce di cava un prodotto che è stato più volte testato con buoni risultati per i consueti utilizzi in edilizia.