Agricoltura a Rischio

Agricoltura a Rischio

Sono centinaia le malattie fungine che possono danneggiare la produzione delle 168 colture agricole più utilizzate nella nutrizione umana e animale.


È l’allarme lanciato dalla FAO alla fine del 2022. C’è molta preoccupazione tra gli addetti ai lavori perché nonostante l’impiego di fungicidi sintetici e l’utilizzo di cultivar resistenti a questi patogeni, ogni anno viene perso tra il 10% e il 23% della produzione agricola globale e un rimanente 10-20% nella fase successiva alla raccolta. Il coinvolgimento delle prime sei colture agricole che sono alla base dell’alimentazione umana e degli animali da reddito soia, riso, mais, grano, banane e patate disegna un quadro poco rassicurante per l’immediato futuro.

James M. K. Brown Head of the Department Crops Genetics, John Innes Centre, Norwich, UK, ricorda che i funghi sono patogeni caratterizzati da sofisticate modalità di attacco alle colture. Le loro spore riproduttive cadono al suolo e rimangono attive nel terreno per oltre quarant’anni oppure possono essere trasportate dal vento a grandi distanze. “Una modalità di diffusione pericolosa perché può fare viaggiare le patologie fungine attraverso i continenti e gli oceani come è avvenuto nel passato” commenta Brown “Negli ultimi cinquanta anni le procedure di quarantena messe in atto sulle piante tra le frontiere dei paesi, hanno posto un freno alla circolazione di molti patogeni, ma non hanno impedito la diffusione di quelli della pianta del caffè e della banana che hanno subito pesanti danni. La globalizzazione in atto gioca comunque a favore della diffusione delle malattie con una tendenza difficilmente arginabile sul lungo periodo.”

C’è un allarme rosso in corso che riguarda la progressiva diffusione del fungo Magnaporthe oryzae triticum uno dei patogeni più devastanti che aggrediscono il grano. È stato indentificato in Brasile nel 1985 e si è rapidamente diffuso in tutto il Sud America e in alcune zone di produzione del grano come il Bangladesh e lo Zambia attraverso il canale del commercio internazionale. Nel 2016 in Bolivia c’è stata una riduzione del 69% del raccolto, in Bangladesh più del 50%. Una diffusione di questo fungo che va fermata quanto prima possibile.

“Nel decennio trascorso si è acquisita la consapevolezza della grande capacità di adattamento ai cambiamenti ambientali delle diverse specie di funghi che va molto oltre le nostre previsioni. Una abilità che risale al loro particolare corredo genetico come la diffusa presenza di trasposoni, sequenze genetiche che possono cambiare la loro posizione tra i cromosomi e un numero imprevisto di inserzioni genetiche esogene prodotte dal trasferimento genico orizzontale da altre specie di funghi o da batteri.” è il commento posto a chiusura di una ricerca realizzata da Mareike Möller del College of Agricultural Sciences, Oregon State University, Oregon.

“In questa situazione dobbiamo fare di più poiché dobbiamo contemporaneamente contrastare gli effetti del cambiamento climatico” commenta Eva Stukenbrock Head of the Environmental Genomics Group,University of Kiel, Germania che studia da anni le patologie fungine. È preoccupata e lancia un avvertimento perché ritiene che “La migliore protezione contro i loro effetti spesso devastanti sulle colture agrarie, richiede un approccio olistico che vada oltre gli interventi in ordine sparso realizzati finora. Deve prevedere inoltre un intervento di tutti i soggetti interessati verso l’Unione Europea che rimuova i divieti verso l’uso delle nuove tecniche di editing genetico. Dobbiamo sempre ricordare che il nostro obbiettivo è la necessità di nutrire tutta la popolazione umana”.

Sugli interventi di natura genetica c’è ormai a disposizione un’ampia letteratura riguardante le molte possibilità offerte da queste nuove tecnologie ma il loro utilizzo in via sperimentale e operativo sul campo è attualmente proibito in Europa. Agli inizi di giugno 2023 il governo italiano ha approvato un protocollo favorevole alla sperimentazione sulle specie vegetali utilizzando tecniche genetiche di evoluzione assistita, le TEA. Un via libera che ha un limite temporale di verifica fissato alla fine del 2024 che esclude gli OGM, ma prevede la possibilità di sperimentazioni controllate con gli editing genetici di ultima generazione come Crispr-Cas9 e la cisgenesi. Un passo in avanti, vedremo gli sviluppi che avrà.

In tema di riduzione dell’uso di fungicidi la cisgenesi ha già fornito delle risposte incoraggianti, anche se alla vecchia maniera. Con le tradizionali tecniche di ibridazione dei cultivar che con pochi aggiornamenti risalgono a prima del Neolitico, l’Istituto di Genomica Applicata di Udine, è riuscito ad inserire geni della resistenza all’oidio e alla peronospera in dieci nuovi vitigni. La caratteristica più interessante di queste nuove cultivar di vite è stata la riduzione dei trattamenti fungicidi necessari, da una media tra i dodici e i quattordici per ciclo vegetativo fino ad un massimo di tre/cinque: un deciso passo in avanti di grande valore sul piano della riduzione dell’inquinamento. Attualmente oltre i due terzi dell’impatto ambientale da fitofarmaci in Europa è prodotto dalla viticoltura.

Per questi risultati c’è voluto più di un decennio di grande impegno tra laboratorio e campo. Con le TEA è prevedibile un notevole risparmio di tempo con la stessa sicurezza del risultato finale. Nel frattempo, in attesa delle decisioni dell’Unione Europea, Stati Uniti e Cina vanno avanti per la loro strada e producono risultati soprattutto attraverso l’impiego di queste tecnologie di editing genetico di nuova generazione. Il paradosso è che in Europa una buona parte della soia e del mais di importazione utilizzati per la nutrizione animale sono prodotti da coltivazioni OGM, ma di rimbalzo arrivano sulle nostre tavole….

In attesa di nuove tecniche di intervento contro i patogeni e delle decisioni europee in materia, i fungicidi sintetici sono ancora i principali strumenti che vengono utilizzati per la difesa contro le malattie delle colture. Nel 2020 ne sono stati commercializzati 20,8 miliardi di dollari a livello globale con una previsione di un aumento fino a 28 per il 2027, una crescita dovuta in gran parte ai paesi in via di sviluppo. Conosciamo i loro problemi di inquinamento ambientale e della possibilità che si trasformino in fattori di rischio per la salute umana. La loro efficacia nel tempo diminuisce per la comparsa dei previsti meccanismi di resistenza rispetto alle varie specie di patologie fungine per cui devono essere ciclicamente implementati o sostituiti da nuove tipologie di prodotti.

Gli interventi biologici per il controllo dei patogeni sono in linea con la necessità di ridurre l’inquinamento ambientale e il potenziale danno per la salute umana che provocano i fitofarmaci di sintesi. La tendenza a livello globale è verso la riduzione del loro uso così come previsto anche dal piano di intervento Farm to Fork dell’Unione Europea con scadenza 2030. Molto è stato fatto, ma tanto rimane da fare. L’uso del controllo biologico dei patogeni è in lenta crescita a livello globale soprattutto da parte di piccole medie aziende. Il principale mercato rimane ancora quello statunitense che è passato dai 540 milioni di dollari del 2015 ad una previsione di spesa di 1,70 miliardi per il 2022, una piccola fetta del totale complessivo con i fitofarmaci di sintesi stabilmente al primo posto.

Il controllo biologico dei patogeni presenta ancora molte criticità che ne rallentano la diffusione. È una modalità di intervento che utilizzata al di fuori di situazioni sperimentali controllate, non ha ancora prodotto soluzioni operative in grado di competere con le attuali tecniche colturali e di difesa dai parassiti. “In altre parole quello che vale in laboratorio è raramente funzionante in campo” dice Rachid Lahlali del Department of Plant Protection, Menkes, Morocco ”Per assicurare un effettivo controllo biologico bisogna sapere scegliere soluzioni che siano funzionanti in una grande varietà di situazioni come il tipo di suolo, l’umidità, le temperature medie dell’aria e purtroppo non sempre le scelte messe in atto in campo danno i risultati sperati”.