Barbara McClintock

Barbara McClintock

Ricercatrice visionaria si è dovuta misurare con il mondo scientifico degli anni ’50 del secolo scorso dominato da rigidità concettuali sui fondamenti della biologia e da una diffusa misoginia.


Ci sono ricercatori che per i motivi più diversi sono diventati un ‘segno’ dei loro tempi. McClintock é una di loro. Con le sue metodiche sperimentazioni in campo, la sua rara intuizione scientifica e le sue domande scomode, ha segnato un’epoca ricca di innovazioni nei fondamenti della biologia, contro le incomprensioni del mondo della ricerca anglosassone e attacchi anche sul piano personale.

Il Nobel per la Medicina del 1983 di cui ricordiamo il quarantesimo anniversario, l’ha ripagata per tutto questo. I suoi studi iniziati negli anni ’40 sul mais, l’hanno indirizzata molto presto sulla strada giusta. I colori diversi, che possono assumere i chicchi di una stessa pannocchia, ha ipotizzato che fossero dovuti a dei jumping genes, più tardi definiti trasposoni che si muovono, meglio saltano, lungo le coppie di basi dei cromosomi.

Una rivoluzione. I cromosomi non si esprimono in modo univoco, ma possono dimostrare un certo grado di flessibilità come nel mais. Fino dall’inizio delle sue ricerche é lucida sugli obbiettivi della sua attività scientifica. “Ho avuto la rara fortuna di testimoniare e di partecipare alla nascita di un nuovo concetto del genoma, delle sue singole parti e del suo modo di operare nel vivente” afferma McCormack nelle sue Nobel Lecture “Siamo usciti da questo periodo con un punto di vista radicalmente cambiato sul funzionamento delle cellule e come operano nei sistemi complessi.”

In una pubblica esposizione dei suoi risultati delle ricerche avvenuta ad un convegno a Cold Spring Harbour nell’estate del 1951, fu accolta dai partecipanti con freddezza e da alcuni con una aperta disapprovazione. Nella sua vita quella giornata fu uno spartiacque e parlando di quell’evento disse “Sono rimasta sorpresa quando ho visto che non capivano le mie argomentazioni e non le prendevano sul serio” poi ha concluso “Ma la cosa non mi ha dato fastidio perché sapevo di avere ragione!” Dopo allora più che alla divulgazione si é dedicata alla ricerca sul campo. In realtà non era sorpresa da questi atteggiamenti poiché l’uditorio era in prevalenza maschile poichè in quegli anni le donne negli ambienti della ricerca di frontiera venivano tollerate.

Per capire era il periodo in cui Rosalind Franklin che aveva dato un contributo determinante alla scoperta della doppia elica del DNA da parte di Watson e Crick, non ricevette alcun riconoscimento ufficiale per il suo lavoro, premio Nobel compreso. La misoginia come sistema. Era consapevole che molta acqua sarebbe dovuta passare sotto i ponti prima che le sue teorie venissero accettate dalla comunità scientifica. Paradossalmente le cose peggiorarono con la scoperta della doppia elica da parte di Watson e Crick e della loro interpretazione rigida delle sue funzioni. Il DNA determina l’RNA che a sua volta esprime le proteine in modo univoco, un percorso a senso unico e predeterminato. Così aveva pontificato Watson, il dogma della biologia (!) l’aveva definito. Niente di più antiscientifico, anche se successivamente aveva affermato che la sua voleva essere solo una battuta ironica sull’intera vicenda.

La ricerca di McClintock proveniva da altri percorsi scientifici in particolare dall’analisi sul campo del genoma del mais, quanto di più complesso si possa immaginare. In quegli anni dove prevaleva il concetto di rigidità del genoma, lei teorizzava e parlava di flessibilità dell’espressione dei geni per gli effetti prodotti dai trasposoni, tutto un altro mondo, eresia allo stato puro per alcuni dei suoi colleghi. Ma é andata oltre. Nella sua Nobel Lecture parla di un genoma flessibile in senso ampio, concetto che generalizzava i suoi risultati ottenuti con il mais e i trasposoni. Perché la risposta del genoma agli stress provenienti dall’ambiente “Lo inducono a cambiare perché é un strumento sensibile che è in grado di auto-riorganizzarsi” dice McCormack “Queste sue capacità cambiano il nostro concetto di genoma, dei suoi componenti, della sua organizzazione e i suoi modi di operare all’interno delle cellule”

Ha saputo lanciare il suo sguardo sul futuro. Perché lei ha fatto parte della rara stirpe dei ricercatori che hanno la forza morale prima che scientifica, di portare avanti con determinazione il proprio programma scientifico in presenza di validi risultati sperimentali e di guardare lontano contro l’accademia di molti suoi colleghi. C’era una radicale differenza tra le sue ricerche e i genetisti. Lei lavorava su organismi interi con un ciclo di vita annuale su coltivazioni in pieno campo, il luogo dove si misura il valore delle idee. I suoi colleghi sui batteri frequentavano il mondo della ricerca in vitro con nessun canale di comunicazione concettuale possibile. Praticamente viveva tra il suo studio e i campi sperimentali di mais che seguiva personalmente. L’ostilità ambientale durata almeno fino alla fine dei sessanta é stata per lei uno stimolo più che un freno.

La sua produzione scientifica si é sviluppata in un’epoca di transizione. Fra Watson e Crick con il loro punto di vista sui geni e la loro espressione in termini di proteine, la nascita e lo sviluppo dell’Evo Devo, il futuro sequenziamento del genoma umano nel primo decennio del secolo. Avvenimenti chiave pervasi di innovazioni su tante questioni fondamentali della biologia. Per alcuni aspetti hanno confermato le lontane intuizioni di McCormack sulla flessibilità del genoma e delle sue grandi potenzialità di espressione proteica nelle quali ha un ruolo rilevante il DNA spazzatura, una denominazione del tutto fuorviante. Rappresenta più del 90% del genoma umano ed é la regione che ospita i fattori di trascrizione per le proteine, gli interruttori che regolano la loro produzione, i quali a loro volta sono sensibili agli input provenienti dall’ambiente di vita dell’organismo. Questa parte del genoma potrebbe essere più utilmente definita un magazzino di possibilità che sono a disposizione degli esseri viventi per misurarsi con gli imprevisti della contingenza di un ambiente in continuo cambiamento.