07 Set Donne e Uomini
Non c’è alcuna prova di una manifesta superiorità di genere, solo ovvie differenze fisiologiche, metaboliche e fisiche a sostegno di abilità diverse.
Nell’ultimo decennio la ricerca antropologica è entrata con decisione in questa disputa di genere su due caposaldi della mascolinità che sembravano intangibili: la guerra e la caccia. I risultati sono stati sorprendenti.
Birka è una località vicino a Stoccolma che negli anni a cavallo del primo millennio dell’era moderna era diventata un importante centro per il commercio internazionale fra gli Urali a nord e l’Impero Bizantino nel sud est dell’Europa. Nel diciannovesimo secolo fra le tremila tombe del sito i resti mortuari ben conservati rintracciati all’interno di una delle sepolture hanno destato dibattiti per almeno un secolo. Era una tomba sogno di ogni archeologo perché ben conservata comprendente lo scheletro di una persona, di due cavalli e un set completo di armi e di oggetti personali segni inequivocabili della inumazione di un individuo di alto rango nella società vichinga di quegli anni a cavallo del primo millennio. Il sesso dello scheletro umano è stato associato a priori a quello di un uomo perché quell’individuo era un guerriero.
I molti indizi presenti anche se male interpretati, dovevano invece suggerire già al momento del ritrovamento che quei resti umani fossero di una donna. Nel 2017 una analisi del Dna ha definitivamente sciolto la questione: era la sepoltura in forme solenni di una donna guerriera della società vichinga di quegli anni. “Nelle settimane seguenti la pubblicazione dei risultati della ricerca su American Journal of Physical Anthropology è stata oggetto della attenzione di 130 agenzie di stampa, discussa in dettaglio on line da almeno da 2200 persone ed ha sollecitato l’attenzione di milioni di followers provenienti dai cinque continenti” commenta Charlotte Hedenstierna-Jonson del Department of Archaelogy and Ancient History, University of Uppsala, Sweden prima firmataria dello studio “Per livello di interesse la nostra ricerca si è collocata al quarantatreesimo posto tra i 2,2 milioni di resoconti scientifici totali pubblicati nel 2017, una sorpresa inaspettata per il nostro gruppo di lavoro”. Una donna guerriera è una news troppo intrigante.
E’ tutt’altro che un caso isolato. “Ho scritto il libro perché affascinata dall’idea per me nuova delle donne che hanno combattuto assieme agli uomini in molte epoche storiche e in civiltà diverse, più di quanto generalmente si possa pensare” dice Pamela D. Toler autrice di Women Warriors “Le donne hanno sempre partecipato alla guerra, per le stesse ragioni degli uomini. Per vendicare le loro famiglie, difendere le loro città o nazioni, per conquistare l’indipendenza, per soddisfare le loro ambizioni o interessi personali. Non sempre hanno tenuto un comportamento eroico, ma erano lì dove si combatteva”.
Altro continente, America del Sud, non più la guerra, ma le attività di sussistenza. Sempre una sepoltura in questo caso vecchia di 9000 anni localizzata nelle Ande nella località di Wilamaya Patixa in Perù. Lo scheletro era di una donna adulta inumata con una serie di oggetti per la caccia e un set di attrezzi per la lavorazione delle prede. “In genere i ricercatori presumono che quando in una tomba si rinvengono attrezzi per la caccia lo scheletro sia sempre da attribuire ad un maschio e quasi mai ad una donna” afferma polemicamente Cara Wall-Scheffler del Department of Biology, Seattle Pacific University, Seattle, Washington State. “La sistematica revisione di decine di sepolture di molti siti sparsi in diversi territori dell’America del Sud datati tra la fine del Pleistocene e il Neolitico ha rivelato un inaspettato scenario del rapporto fra i generi e la necessità di nuove analisi della organizzazione sociale di molte microsocietà del passato. La nostra ipotesi è che nella loro grande maggioranza le donne partecipassero attivamente alla caccia e a tutte le attività connesse senza escludere la possibilità che avessero un ruolo attivo anche nelle contese non sempre pacifiche fra le tribù dello stesso territorio”.
Dal punto di vista biologico ci sono differenze fra uomini e donne calcolate sulla media di un gruppo rispetto a quella dell’altro le quali oscurano però l’enorme gamma di possibili variazioni che esistono fra i due generi. La tradizionale divisione binaria non esiste né a livello biologico, né psicologico né sociale. “Le donne in genere hanno un metabolismo che le rende più adatte alle attività di resistenza, mentre gli uomini primeggiano in attività fisiche brevi e intense dove conta la forza esplosiva e queste differenze sono in diretta relazione alle maggiori quantità di estrogeni nelle donne mentre negli uomini prevale il testosterone…” dice Cara Ocobock del Department of Anthropology & Gender Studies, University of Notre Dame, Indiana. “È importante inoltre sottolineare che storicamente gran parte della ricerca sulla fisiologia del movimento umano nell’ambiente e discipline come la paleoantropologia, l’archeologia e la ricerca etnografica sono state gestite in maggioranza da uomini e concentrate in gran parte sul genere maschile un dato comune questo nella ricerca scientifica e in quella medica che ha limitato o in alcuni casi invalidato i risultati delle ricerche stesse”
Per quanto riguarda l’antropologia ci soccorre una recente statistica. Una ricerca ha concentrato la sua attenzione su sessantatré società tradizionali ancora attive nell’ultimo secolo con una economia di sussistenza fondata sulla caccia e la raccolta localizzate in vari continenti. È stato analizzato il ruolo svolto da donne e uomini nel reperimento delle risorse alimentari nel loro territorio di insediamento. Per il 79% di queste società è disponibile la documentazione della partecipazione attiva delle donne alla caccia. In particolare, quelle in cui questa attività è considerata la più importante per la sopravvivenza della tribù, le donne vi partecipano sempre.
Un dato non sorprendente perché la ricerca e la gestione delle risorse alimentari ha sempre rappresentato l’alfa e l’omega della vita animale, lo spazio crudele fra la vita e la morte. Un vincolo a fronte del quale le questioni di genere passano in secondo piano, in particolare per noi Sapiens. Secondo Herman Pontzer del Department of Evolutionary Anthropology, Duke University, Durham, North Carolina “Il bilancio energetico della nostra specie è sempre stato guidato dal principio della continua acquisizione di nuove fonti di energia piuttosto che dal loro risparmio, come avviene comunemente fra i Primati e fra gli animali in genere. Attorno all’intenso sfruttamento di tutte le risorse alimentari disponibili sul territorio i Sapiens hanno saputo costruire il loro particolare stile di vita del tutto diverso dai loro antenati scimpanzè che ha avuto un grande successo evolutivo.”
“I dati raccolti in molte ricerche realizzate negli ultimi anni sulle mini società dei nostri antenati cacciatori e raccoglitori raccontano di una realtà diffusa in territori molto diversi del pianeta che demistifica la tradizionale dicotomia fra donne che raccolgono vegetali e frutta e gli uomini cacciatori” dice Cara Wall-Scheffler “Un paradigma di lunga data che ha condizionato molto spesso anche l’interpretazione delle stesse prove raccolte sul campo e che impone a noi antropologi la urgente necessità di demistificare alla radice il mito dell’uomo cacciatore costruito purtroppo anche con la collaborazione di alcuni nostri colleghi uomini”.