24 Ott I Lupi Tra Mito e Realtà
Dopo una assenza di decenni, due branchi sono stati reintrodotti nello Yellowstone Park e in una manciata di anni hanno trasformato l’equilibrio del suo complesso ecosistema.
È il sorprendente risultato del più visionario ed esteso esperimento ecologico mai realizzato dall’uomo che é iniziato alla fine secolo scorso. Nel 1926 é stato ucciso l’ultimo lupo del Parco, vittima sacrificale della sua immagine di feroce predatore da estirpare. È stato l’inizio di una fine che non aveva previsto i suoi effetti sull’ambiente. La sua definitiva scomparsa é stata pagata duramente dall’intero ecosistema di Yellowstone.
In pochi anni é saltato il fragile equilibrio ecologico che i lupi fino ad allora avevano garantito nel Parco fra erbivori, carnivori, flora locale, castori e regime idrico dei corsi d’acqua. Ci sono voluti i ripensamenti di alcuni visionari biologi ambientali con un approccio scientifico fuori dagli schemi della tradizione e settanta anni di discussioni e di iniziative anche legislative per correre ai ripari con la loro reintroduzione nel Parco.
Tra il gennaio 1995 e il 1996 in due successive tornate, sono stati liberati in zone diverse del Parco 31 lupi grigi (canis lupus) fra maschi e femmine, provenienti da altri territori degli States. Molto presto é arrivato il cambiamento su cui avevano contato i promotori dell’iniziativa. “Il loro ritorno, ha prodotto un insieme di trasformazioni tali che ci sono voluti anni per comprenderne appieno il loro valore per l’ambiente dello Yellowstone Park” dice Douglas Smith il biologo che fino dall’inizio ha seguito l’esperimento per conto dell’Ente Parco.
L’arrivo dei lupi ha messo sotto controllo il numero di alci del Parco, un evento che ha innescato la rivoluzione del bioma del territorio in tutte le sue articolazioni. Salici e pioppi, non più soggetti all’intenso sfruttamento di questi erbivori, hanno rapidamente ricolonizzato l’ambiente. I castori hanno beneficiato della moltiplicazione della quantità della loro principale fonte di alimentazione e di materiale da costruzione per le loro dighe/tane. In poco tempo le loro colonie da una sono diventate nove, tutte molto attive. L’aumento dei loro sbarramenti nei corsi d’acqua ha migliorato il regime idrico del territorio ed hanno a contribuito a contrastare gli effetti dell’aumento delle precipitazioni medie nell’area.
La predazione degli alci da parte dei lupi ha ridisegnato la catena alimentare dei carnivori che si sono avvalsi dell’attività di sciacallaggio sulle carcasse abbandonate dagli stessi lupi. Ne hanno beneficiato a turno coyote, corvi, aquile, gazze, orsi ghiottoni, scarafaggi, linci, anche gli orsi grizzly in particolare dopo il loro risveglio dall’ibernazione invernale. E indirettamente tutto il vasto microcosmo che ruota attorno a questi animali. Letteralmente un altro mondo. E’ profondamente cambiata quella che i biologi definiscono la Cascata Trofica del Parco, un concetto introdotto alla fine degli anni ’80 del secolo scorso che definisce le condizioni attraverso le quali si auto regola la struttura delle popolazioni animali e vegetali dei grandi ecosistemi del pianeta.
Un concetto utile per comprendere indifferentemente la dinamica delle foreste pluviali, delle barriere coralline e utilizzato da Martin Blaser del Department of Medicine della Rutger University in New Jersey per definire il rapporto fra le migliaia di specie di batteri che compongono il microbiota umano. Nel caso di Yellowstone si é avuta la conferma su una scala territoriale mai prima praticata di come “I grandi carnivori sono necessari per il mantenimento della biodiversità degli ecosistemi “commenta William Ripple Professor of Ecology alla Oregon State University “Questi fatti indicano con chiarezza che i loro habitat devono essere preservati per prevenirne l’estinzione e la perdita della loro insostituibile funzione ecologica”.