Inquinamento per Sempre

Inquinamento per Sempre

È l’effetto dei Pfas composti perfluoroacrilici prodotti chimici ad alto rischio per gli esseri umani e per l’equilibrio ambientale.


Si tratta di oltre 14.000 composti chimici diversi che hanno un tempo di permanenza nell’ambiente stimato in oltre 1000 anni. Dagli anni ’50 del secolo scorso vengono utilizzati dall’industria per produrre migliaia di oggetti per i più disparati settori di utilizzo poiché hanno proprietà interessanti come la repellenza ad acqua e grassi e per la loro stabilità ad elevate temperature. Vengono utilizzati per la produzione di carte e imballaggi idrorepellenti, nelle vernici, nei fitofarmaci, nelle pentole antiaderenti, in articoli medicali, nei prodotti antincendio, nell’edilizia, nel settore energetico.

Per effetto dell’inquinamento ambientale sono presenti in alimenti di consumo quotidiano come la carne e il pesce, negli imballaggi utilizzati dall’industria alimentare e nell’acqua potabile delle nostre case. La presenza dei Pfas nell’ambiente è ubiquitaria ed è in parte ancora da accertare nei territori e in alcuni settori industriali. Sono oltre 1.600 i siti contaminati in Italia più di 17.000 in Europa secondo una inchiesta giornalistica coordinata dal giornale Le Monde che ha reso noto una mappa provvisoria dell’inquinamento a livello europeo. In Italia le zone più inquinate sono la Valle Padana in particolare il Veneto, il Trentino Alto Adige e la Toscana.

I Pfas sono i prodotti di sintesi industriale più tossici finora mai identificati con l’aggravante che la lunghissima permanenza nell’ambiente produce un imprevisto effetto accumulo nell’ambiente, nei corpi degli animali umani compresi e nei pesci. In ambienti sanitari l’allarme è ai massimi livelli. “Da anni è in atto la più pericolosa emergenza sanitaria che l’Italia in particolare il Veneto abbia mai dovuto affrontare prodotta dalla contaminazione da Pfas. È l’allarme lanciato dall’Associazione Italiana Medici per l’Ambiente (Isde), in occasione della presentazione di un documento che illustra i danni alla salute di questi particolari composti chimici utilizzati in molti processi industriali e smaltiti per decenni senza controlli nel suolo e nelle falde acquifere. Ma la valutazione degli effetti di questi prodotti sulla salute umana e delle quantità minime di rischio è un continuo ‘work in progress’ a livello globale perché si stanno sviluppando nuove tecniche di indagine per una più accurata verifica della presenza di Pfas nell’ambiente, nelle acque di superficie e nelle falde acquifere.

In termini di salute umana la Agency for Toxic Substances riassume i risultati di alcune ricerche epidemiologiche le quali hanno messo in luce un rapporto diretto fra assunzione di Pfas e l’incremento dei livelli di colesterolo nel sangue, della pressione sanguigna delle donne in gravidanza, del rischio per il cancro ai reni e ai testicoli ed esiste la possibilità che venga compromessa la funzionalità del sistema immunitario in particolare nei bambini.

La lunga permanenza dei Pfas nell’ambiente mette a rischio il ciclo delle acque di superficie e le falde acquifere come terminali ultimi dell’inquinamento. “Una grande percentuale di acque potabili monitorate in siti di alcune decine di paesi al mondo hanno evidenziato una concentrazione di Pfas superiore ai minimi consentiti dalle diverse legislazioni nazionali con una generale sottostima delle reali quantità presenti nell’ambiente” è il commento di Diana Ackerman Grunfeld della University of New South Wales, Sydney, Australia “Dobbiamo quindi in via prioritaria valutare con precisione il reale rischio di queste sostanze per la salute umana e proporre quanto prima un insieme di misure che riducano prima possibile il loro impatto”. La ricerca realizzata da Grunfeld è un esempio della rincorsa in atto a livello globale dell’analisi degli effetti dei Pfas sull’ambiente e sulla salute umana. Il primo importante effetto di questa rincorsa è la revisione al ribasso dei livelli massimi di inquinamento da Pfas nelle acque potabili.

L’Environmental Protection Agency negli Stati Uniti il 10 aprile di quest’anno ha pubblicato un nuovo regolamento in merito che stabilisce a seconda della categoria di Pfas interessata, un valore di 4 oppure 10 miliardesimi di grammo per litro di acqua come limite massimo di inquinamento. Nuovi limiti che interessano i fornitori di acqua potabile dei vari territori degli States i quali hanno tre anni per quantificare la presenza di questi composti chimici nelle acque che gestiscono e cinque anni per rientrare nei limiti massimi di inquinamento stabiliti dal nuovo regolamento. “Le comunità di questo Paese hanno sofferto per troppo tempo a causa della minaccia sempre presente dell’inquinamento da Pfas. Ecco perché abbiamo affrontato in modo così aggressivo queste sostanze chimiche dannose facendo riferimento ai risultati della migliore scienza disponibile per prevenire decine di migliaia di malattie legate a queste sostanze” è il commento dell’amministratore delegato dell’EPA Michael S. Regan.

Un irrigidimento normativo ampiamente giustificato dai risultati della rincorsa alla ricerca sui Pfas di cui parla Grunfeld. In Europa la situazione dei limiti massimi è ancora in evoluzione ma è sostanzialmente ferma al 2020 con valori di inquinamento massimo accettabile nelle acque potabili di 500 nanogrammi per litro decisamente oltre i nuovi limiti indicati negli Stati Uniti e simili a quelli proposti dal nostro Istituto Superiore di Sanità. Decisamente troppo alti secondo la maggioranza degli addetti ai lavori. “I Pfas sono sostanze tossiche e persistenti e la combinazione di queste caratteristiche li rende pericolosi in particolare la seconda perché nel tempo si verifica una loro lenta accumulazione nel corpo umano che raggiunge e supera rapidamente i limiti attualmente consigliati” commenta il professore Emilio Benfenati del Dipartimento Ambiente e Salute dell’Istituto Mario Negri di Milano. ©RIPRODUZIONE RISERVATA