La Bella Scienza

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L’imbarcazione della Tara Oceans ha percorso in due anni più di centomila chilometri nell’Oceano Pacifico per raccogliere e catalogare campioni di coralli, pesci, batteri e virus.


E’ stato un viaggio pianificato, gestito e finanziato dalla fondazione francese Tara Oceans nata vent’anni fa da quello che la rivista Nature ha definito “Un pensiero visionario” di due personaggi fuori dal comune come Agnes Troublé e suo figlio Étienne Bourgois. Una storia che fin da subito ha collocato la fondazione al centro delle ricerche scientifiche oceanografiche a livello globale. Un settore della ricerca cruciale vista la rilevanza degli oceani nell’equilibrio climatico globale. NASA e Tara Oceans hanno collaborato nel 2023 ad una ricerca volta alla possibilità del riconoscimento satellitare delle diverse specie di fitoplancton.

Shinichi Sunagawa dell’Institute of Microbiology, ETH Zürich, Switzerland, definisce il lavoro di Tara Oceans una biologia degli ecosistemi esercitata sul campo, che ha dato un contributo alla nostra conoscenza della ecologia del plancton degli oceani che è parte integrante di quella del Pianeta. A sua volta Yun Deng dell’Institute for Inorganic Chemistry, University of Jena, Germany, ha utilizzato il lavoro di Ocean per una lunga rassegna sul ruolo che va assegnato al fitoplancton nell’ecosistema oceani.

Nell’ottobre del 2018 la barca di Tara Oceans è tornata al porto di Lorient nella Francia Nord Occidentale da dove era partita più di due anni prima, nel maggio del 2016. La collaborazione di più di 200 scienziati e partecipanti a titolo vario durante questa spedizione, ha reso possibile la realizzazione di più di 3000 immersioni subacquee nelle quali sono stati raccolti campioni biotici in 32 isole diverse del Pacifico che in due anni si sono accumulati fino a diventare in totale 57859, una collezione riguardante coralli, pesci, plancton e microbi, batteri, funghi, virus.

“Si é trattato di un programma scientifico realizzato con protocolli di lavoro unici e accessibili a tutti. Tutti i campioni sono stati raccolti seguendo sempre la medesima procedura tra tutte le localizzazioni frequentate creando così la possibilità della loro comparazione anche se raccolti fra luoghi e tempi diversi. In sostanza ci ha guidato il criterio della riproducibilità delle procedure messe in atto come garanzia verso la comunità scientifica” commenta Serge Planes del Laboratoire d’Excellence CORAIL, Université de Perpignan, France. Questo modello di indagine è stata una scelta nata e pensata dagli organizzatori del viaggio di Oceans, come una esplicita prosecuzione della linea di ricerca oceanica che lega fra loro pur se in tempi diversi personaggi come James Cook, Charles Darwin e James Dana il primo ricercatore a iniziare lo studio delle barriere coralline nei primi anni dell’Ottocento.

Tutti dati emersi durante il viaggio sono stati messi a disposizione della comunità scientifica internazionale a conclusione della procedura di controllo e di idoneità alla loro pubblicazione. La loro quantità in termini di terabyte di memoria utilizzati, ha richiesto una elaborazione a molte mani che è durata cinque anni. È come se fossero stati sequenziati i genomi di 50.000 individui. Gran parte dei risultati raggiunti sono stati pubblicati in nove articoli nel giugno del 2023. Altri cinque seguiranno a breve. Migliaia di parole che rappresentano la migliore unità di misura del valore del lavoro svolto da tutti i collaboratori di Oceans.

È un modello di ricerca seguito anche da altre organizzazioni come il Woods Hole Oceanographic Institution, che richiede per il loro sostegno grandi impegni finanziari e una visione strategica del lavoro scientifico, che può essere definita ‘visionaria’ perché produce valore aggiunto. Sul piano professionale sono stati utilizzati estesi staff di biologi marini, genetisti, marinai, subacquei, tutti impegnati nella stessa mission, lo studio degli oceani del pianeta.

“Sono ecosistemi che devono fronteggiare numerose perturbazioni di origine climatica, biologica e antropogeniche prodotte dalle attività umane. La nostra principale preoccupazione è la loro resilienza a questi fenomeni perché supportano non solo il clima del pianeta a livello globale, ma anche un insieme di attività economiche come la pesca, il turismo, l’economia e l’integrità delle coste” dice Fabien Lombard del Laboratoire d’Océanographie de Villefranche sur Mer, CNRS, France.

Si è trattato di un impegno collettivo necessario perché non ci sono scorciatoie possibili a questo certosino lavoro di raccolta e interpretazione dei dati che diventano il nucleo duro attorno al quale viene costruita la nostra comprensione delle complesse dinamiche dell’ecosistema oceano e di quelle del pianeta. E i risultati sono arrivati. L’Intelligenza Artificiale può essere impiegata dopo perché a quel punto dispone di questo immenso materiale di archivio su cui esercitare i propri algoritmi.

“Ci ha sorpreso la stupefacente ricchezza del microbioma dei coralli, dei pesci loro ospiti e del fitoplancton” racconta Pierre Galand dell’Observatoire Oceanologiques de Banyuls, Banyuls sur Mer, France “In totale abbiamo trovato 2,87 miliardi di sequenze genetiche delle quali molte sconosciute, più del 25% dei 2,2 miliardi precedentemente stimati dall’Earth Microbiome Project come il totale dei microbi presenti nel pianeta.” Una imprevista ricchezza che dimostra come il rapporto fra i microbi e il vivente, il microbioma, ha ancora molti aspetti che devono essere chiariti, in particolare il ruolo che questo organo batterico gioca nel metabolismo dei coralli e del plancton.

E alcuni chiarimenti in materia sono arrivati. “Tra la mole dei dati raccolti, abbiamo riscontrato che esiste un rapporto diretto fra lo stato di salute dei coralli e il tipo e la quantità di batteri che compongono il suo microbioma. Alcuni coralli sono in grado di modificarne la sua composizione per essere in grado di misurarsi più efficacemente contro i cambiamenti ambientali in particolare contro l’aumento delle temperature medie dell’acqua dell’ultimo scorcio di secolo” commenta Galand. Un dato del resto prevedibile poiché sono i batteri in simbiosi che alimentano i coralli con vitamine, aminoacidi e proteine e contribuiscono così in maniera diretta al loro metabolismo.

Tra le tre distinte comunità microbiche prese in esame da Tara Oceans, quella del fitoplancton presenta la più alta biodiversità rispetto a quella dei coralli e dei pesci, un dato in controtendenza rispetto a rilievi precedenti che fornisce un indicatore interessante su cui riflettere poiché “Uno strumento semplice, ma efficace per valutare lo stato di salute del fitoplancton si é dimostrata essere la composizione del suo microbioma” sostiene Yu Deng.

Uno stato di salute del fitoplancton che diventa a sua volta il segno di quella dell’ecosistema oceano, da qui nasce l’interesse dei ricercatori per questo universo microbico e delle attività di Ocean. La sua fotosintesi clorofilliana del fitoplancton utilizza ogni anno cinquanta gigatonnellate di anidride carbonica dell’atmosfera terrestre, un contributo essenziale per il controllo delle sue quantità a livello globale. Ricordiamo che il fitoplancton è produttore primario di molecole organiche che vanno ad alimentare l’intera filiera di animali marini dallo zooplancton alle balene e gli squali. Un ruolo insostituibile.