L’Internet delle Piante

L’Internet delle Piante

E’ più vecchio di qualche decina di milioni di anni di quello che noi usiamo abitualmente e alimenta i più estesi ecosistemi verdi del pianeta.


C’é un mondo sconosciuto che vive sotto di noi quando attraversiamo un bosco. “Nel sottosuolo ci sono moltitudini nascoste alla nostra vista che assieme agli alberi formano un sorprendente ecosistema vivente” commenta Paola Bonfante del Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi dell’Università di Torino. “Insetti, microbi, le radici delle piante assieme alle micorrize, funghi con i quali vivono in simbiosi, formano una estesa ragnatela vegetale diffusa sotto il livello del suolo che mette in comunicazione gli alberi fra loro creando un grande sistema vivente interconnesso”. Al suo interno si muovono nutrienti come i minerali e l’acqua, segnali elettromagnetici, elettrostatici ed acustici. E’ un grande Internet vegetale ante litteram invisibile ai nostri occhi, uno dei sistemi che con la fotosintesi clorofilliana, ha garantito per milioni di anni, l’esistenza e lo sviluppo del più grande complesso vivente del pianeta.

Wood Wide Web la felice espressione che descrive in sintesi questo fenomeno, é della canadese Suzanne Simard una biologa che collabora con il  Department of Forest and Conservation Sciences all’University of British Columbia e da molti anni studia l’ecologia delle foreste. “L’esistenza di questo esteso network nel sottosuolo che interconnette fra loro le piante ha intrigato per decenni i ricercatori” ricorda Simard “Ora abbiamo le prove che siamo in presenza di un sistema efficiente che promuove lo sviluppo, la crescita e la sopravvivenza delle singole piante e della foresta nel suo insieme diffuso in una ampia varietà di ecosistemi del pianeta”.

Per capire il ruolo che gioca questo internet vegetale nell’equilibrio ecologico complessivo delle terre emerse, bisogna ricordare qualche numero, ricorda Bonfante. I funghi in grado di vivere in simbiosi con le radici, sono in grande maggioranza gli arbuscolari e colonizzano il 72% delle piante forestali del pianeta. Forniscono i loro servizi a più di 300.000 specie vegetali sulle 390.000 totali fino ad oggi identificate le quali coprono grosso modo il 30% della superficie terrestre. Questo mondo sotterraneo fatto di micorrize e dalle radici delle piante dà quindi origine ad uno dei più estesi sistemi ecologici del pianeta che sopravvive e si sviluppa da milioni di anni in assenza di qualsiasi intervento umano. Impossibile sottostimare il suo ruolo nell’equilibrio del pianeta.

Va ricordato un altro aspetto straordinario di questa storia: c’é in gioco una enorme quantità di energia che alimenta la vita e lo sviluppo di quell’esteso ecosistema. La fotosintesi clorofilliana è uno degli strumenti di questa sopravvivenza, ma da sola non é sufficiente. Le piante hanno bisogno di acqua, di nutrienti come il fosforo, il potassio, l’azoto, che sono la moneta di scambio del loro metabolismo energetico. Simbiosi é uno dei segreti che consente l’esistenza di questi sistemi naturali. E’ un concetto che é stato considerato visionario quando fu proposto da Lynn Margulis nel secolo scorso, una biologa che ha contribuito a cambiare alcuni dei concetti di fondo della biologia. Nella sua versione sul campo, la simbiosi é il rapporto che si stabilisce fra due esseri viventi nel quale entrambi ne traggono un vantaggio per la propria sopravvivenza. Gli esseri umani sono in simbiosi con i batteri del proprio microbiota così come i ruminanti i quali solo grazie a quelli presenti nel loro apparato digestivo, possono trasformare l’erba che é il loro principale alimento, in carne e latte. Un eccellente digestore biologico.

“La simbiosi é una realtà diffusa a tutti i livelli nel vivente, ma é una specialità che contraddistingue in particolare alcune specie di funghi i quali in questo modo riescono ad interagire con i batteri, gli animali e con le radici delle piante” ricorda Bonfante “Nelle foreste la condizione della sopravvivenza di quell’ecosistema oltre alla fotosintesi clorofilliana, é la simbiosi fra micorrize e radici perché gli consente di evolversi e di sopravvivere anche in ambienti soggetti a stress e garantisce loro una buona probabilità di successo riproduttivo, come é avvenuto nella storia del pianeta”. Senza questa rete composta da funghi non potrebbe esistere nessuna pianta delle foreste del pianeta.

“L’elenco dei servizi che si scambiano piante e micorrize é molto lungo” ricorda Simard “Ci sono voluti decenni per svelare le caratteristiche di questa collaborazione così ampia e altro tempo sarà ancora necessario per capire a fondo un fenomeno di questa complessità”. E’ uno scambio necessario poiché avviene in ambienti poveri di nutrienti sia per le piante che per i funghi. Le micorrize hanno dimostrato la capacità di estrarre dal terreno i nutrienti presenti anche in quantità minime che non sono invece accessibili alle radici. Il fungo é un ponte attivo tra il fosfato del suolo e l’apparato radicale delle piante e con modalità simili passa alla pianta altri preziosi elementi come il potassio, lo zolfo e soprattutto l’azoto. Compresa l’acqua questo elemento essenziale per la vita che può muoversi agevolmente attraverso i percorsi intricati delle micorrize, anche se é presente nel terreno in quantità microscopiche.

Questi funghi dalle prestazioni così versatili funzionano come delle enormi spugne poiché hanno l’abilità di assorbire gli elementi utili alle piante presenti nel terreno. Le quali gentilmente restituiscono i favori ricevuti dai funghi sotto forma di carbonio e di altre molecole organiche che non sono in grado di autoprodursi da soli. Una vita la loro garantita dalle piante all’interno di questa collaborazione che dura da decine di milioni di anni e funziona egregiamente se guardiamo i risultati. Tale é la forza di questa collaborazione che ha la capacità di assicurare la vita anche alle giovani piante che crescono a fianco di esemplari adulti a volte pluricentenari, in un ecosistema che ha un network consolidato da decenni fra radici e micorrize. “Nelle foreste di abeti Douglas le piantine provenienti dai vivai  che vengono trapiantate nella rete delle micorrize di vecchi alberi i quali funzionano da hub vegetali, hanno un elevata probabilità di sopravvivenza” racconta Simard “In questo modello di foresta che ha una estesa micorizzazione abbiamo riscontrato un successo di sopravvivenza delle giovani piante superiore del 26% rispetto a quelle trapiantate in contesti privi di micorrize”.

L’internet delle piante garantisce l’esistenza dei più estesi ecosistemi verdi del pianeta, perché quindi non ipotizzare un suo trasferimento dalla wilderness alla agricoltura da reddito? Concettualmente é una ipotesi interessante poiché “Da un certo punto di vista, queste micorrize possono essere viste come le benefattrici per la salute del loro ospite vegetale” é il pensiero espresso ad alta voce da Bonfante. “Quindi sarebbe interessante utilizzarle anche nell’agricoltura tradizionale. Potremo suggerirne il loro impiego per ridurre l’impatto dei fertilizzanti sintetici, pur mantenendo lo stesso livello di produttività”. Un progetto tutto da pensare e organizzare, ma in ipotesi realizzabile visto il rapido sviluppo concettuale che ha contraddistinto questo settore di ricerca negli ultimi anni.