03 Dic Farmaci Dagli Oceani
Lo sviluppo tecnologico ha reso possibile lo sfruttamento di questi ambienti difficili da raggiungere, ma ricchi di nuovi e interessanti principi attivi.
L’evoluzione delle terapie cliniche e il continuo avanzamento della ricerca medica sono gli input che stimolano lo sviluppo di farmaci di nuova generazione. Per molti anni é stato l’ecosistema vegetale con la sua varietà di piante e di microbi del suolo, a fornire la maggior parte delle molecole farmacologicamente attive. Ma anche gli oceani che rappresentano i due terzi della superficie totale del pianeta, dalla fine del secolo scorso hanno iniziato a dare il loro contributo, nonostante le difficoltà connesse con l’impresa. Sono ambienti popolati da circa un milione di specie animali delle quali il 95% sono microbi, un unicum intrigante per la ricerca scientifica e quella farmacologica. Lo sviluppo di nuove tecnologie per l’esplorazione degli ambienti sottomarini in particolare delle varie tipologie di veicoli teleguidati ha reso possibile la loro esplorazione e non solo per finalità mediche.
Al contrario degli ambienti terrestri, in quelli marini le principali fonti di molecole attive dal punto di vista farmacologico provengono in gran parte dagli animali, di solito sono invertebrati che vivono in simbiosi con i loro microorganismi. La maggior parte dei nuovi principi attivi già autorizzati e quelli ancora nella fase di trial clinici riguardano in particolare alcune molecole innovative utilizzate nelle terapie anticancro di nuova generazione.
Nel 2022 c’é già un consistente numero di farmaci realizzati con principi attivi di provenienza marina, che hanno ottenuto l’autorizzazione per l’uso umano dall’FDA in Usa e dall’EMA in Europa. Contemporaneamente sono in corso numerosi studi clinici nelle varie fasi delle procedure di certificazione previste dalle norme internazionali. Secondo la stima di William Gerwick della Skaggs School of Pharmaceutical Sciences allo Scripps Institution of Oceanography, University di San Diego in California, ad oggi i farmaci approvati a livello globale sono 23 di cui alcuni esclusivamente in Cina che sono già stati utilizzati per il trattamento di milioni di pazienti.
Il target preferito per la ricerca farmacologica in ambiente marino sono gli animali, piuttosto che l’ambiente in cui vivono. “Gli habitat nei quali si muovono sono molto competitivi per difficoltà ambientali e la presenza di molti antagonisti nello stesso territorio. Per la caccia e la difesa dai loro predatori usano una vasta gamma di molecole organiche caratterizzate da una forte attività tossica capaci di immobilizzarli” dice Emiliano Cappello del Dipartimento di Medicina Sperimentale dell’Università di Pisa “Parliamo di molecole come le spongosine, le ecteinascidine e le dolastatine le quali hanno dimostrato di possedere una interessante attività anticancerogena, che ci fa ragionevolmente sperare di rintracciare altri possibili farmaci anticancro nell’ambiente marino”.
Lo Scripps Research Institute di La Jolla in California é un Centro di Ricerca privato non profit che ha una lunga tradizione nello studio di prodotti naturali provenienti dagli oceani. I biologi marini William Fenical e Paul Jensen del Centro hanno dato un contributo determinante nella ricerca e nell’approfondimento delle proprietà farmacologiche del batterio Salinispora che é stato rintracciato sia nella terra ferma che nelle acque degli oceani, in particolare nei sedimenti dell’oceano Atlantico. E’ il progenitore di una intera classe di molecole dalla forte attività tossica sugli animali, che possono essere utilizzate in funzione anti cancro. Una di queste molecole, il salinosporamide A, é nella fase III degli studi clinici per il trattamento del glioblastoma, un cancro del cervello, sul quale ha dimostrato effetti molto interessanti dal punto di vista clinico.
Negli ultimi anni molte infezioni batteriche, pneumonia, tubercolosi, gonorrea, stafilococco aureo, Clostridium difficile, sono patologie diventate difficili da controllare per la crescente resistenza agli antibiotici un fenomeno sempre più diffuso tra le popolazioni delle società contemporanee. Nell’arco di un decennio diventerà un fenomeno di prima gravità in termini di diffusione e di decessi nei paesi sviluppati, questa é l’opinione dei più accreditati studiosi del fenomeno, per lo più inascoltati. Mentre la ricerca di nuovi antibiotici da parte delle case farmaceutiche segna il passo sia per la complessità dell’impresa, ma in particolare per il costo connesso con queste ricerche che non viene remunerato dalla vendita dei farmaci.
Così gli attori più attivi in questo settore sono rimaste solo alcune Università o Centri di Ricerca che però non dispongono della dimensione industriale adeguata per lo sviluppo di questi prodotti. Una situazione che crea preoccupazione tra le autorità sanitarie. Alcune buone notizie arrivano dagli oceani. “L’ohmyungsamycin A un principio attivo di provenienza marina, ha dimostrato di possedere un potente effetto antibatterico” dice Richard Payne dell’omonimo Centro di Ricerca all’Università di Sydney in Australia. “I risultati dei nostri studi clinici sulle cavie hanno messo in evidenza che ha effetti molto interessanti nella cura della tubercolosi, una malattia purtroppo ancora presente nei paesi sottosviluppati”.
I funghi hanno una diffusione ubiquitaria nel pianeta. Sono un lungo elenco di generi e specie, che comprende anche gli estremofili così definiti perché vivono in ambienti border-line, apparentemente impossibili per la vita: basse o alte temperature, elevate pressioni e salinità estrema, mancanza di luce o di ossigeno, condizioni frequenti nelle vastità degli oceani. Possiedono alcune insolite caratteristiche biologiche che li rendono interessanti per la ricerca farmacologica e non solo. La gliotossina é stata a prima molecola isolata da un composto antimicrobico proveniente da funghi rinvenuti in sedimenti marini nel Mare interno di Seto in Giappone. E’ una molecola che possiede una forte attività anti infiammatoria ed é in grado di inibire la crescita di batteri gram-positivi come gli Staphylococcus aureus e i Bacillus subtilis.
“Il numero delle specie marine di funghi conosciute si stima siano oltre le diecimila, di cui solo milleduecento finora identificate, un grande potenziale. In teoria tutto molto interessante, ma il loro studio é clinicamente molto complesso. La maggior parte di loro non possono essere coltivate in laboratorio visti gli ambienti di provenienza.” racconta Paula Andrade della Facultade de Farmàcia, Universitade de Porto, Portogallo “La loro problematica coltivabilità in vitro é una delle principali limitazioni che impediscono la scoperta di nuovi prodotti naturali dai funghi marini, perché le culture standard in uso nei laboratori sono in grado di coltivarne solo una frazione minima del 5/7 %”.
Recenti progressi nella velocità di lettura del DNA hanno reso disponibili alcuni strumenti che vanno oltre queste limitazioni. Si analizzano i genomi dei microorganismi estraendoli direttamente dai reperti grezzi come sono stati rintracciati nei vari ambienti, terra o mare e vengono archiviati in librerie di facile consultazione. Con un veloce lavoro di ricerca su parole chiave, tra tutte queste migliaia di sequenze genetiche é possibile trovare un probabile collegamento con i principi attivi che sono ritenuti interessanti per la ricerca. E’ un approccio che nell’ultimo decennio ha accelerato le procedure di analisi e si spera possa a sua volta semplificare lo sviluppo di nuovi farmaci.