Odori e Disinformazione

Odori e Disinformazione

È un approccio che utilizza nuove procedure di intervento per ridurre gli effetti della predazione degli animali con soluzioni ambientali sostenibili.


L’agricoltura è un settore produttivo che con le sue sterminate superfici seminate a grano, mais, riso, soia è un formidabile attrattore di predatori. In Australia i topi Mus musculus fanno la loro parte addirittura prima del raccolto perché si nutrono dei semi appena messi a dimora nel terreno. Perdite che possono essere pesanti, limitate solo dall’impiego del fosfuro di zinco che ha lo sgradito effetto comune a molti fitofarmaci di inquinare il territorio. Sono interventi socialmente sempre meno sostenibili per gli effetti collaterali che sul lungo periodo possono produrre anche sulle popolazioni coinvolte.

Peter Banks della School of Life and Environmental Sciences, The University of Sydney, Australia assieme ad alcuni suoi colleghi ha progettato un intervento sui topi che ha ripreso i metodi utilizzati alcuni anni prima per la difesa ‘smart’ dei nidi degli uccelli contro i loro tradizionali predatori realizzata utilizzando la disinformazione olfattiva. Un intervento per alcuni aspetti visionario, ma supportato dal solido impianto concettuale dell’ecologia cognitiva.

I predatori si affidano alla disponibilità di informazioni affidabili e aggiornate sul loro territorio e sulla presenza di potenziali prede perché solo quelle con un’alta probabilità di essere catturate vengono prese in considerazione. La predazione è una attività energeticamente costosa che deve essere gestita in modalità ‘smart’ poiché il rapporto costo/risultato deve essere in ogni caso positivo. Se una particolare informazione riguardante le prede si rivela sistematicamente inaffidabile, il predatore abbandona il campo e sposta il suo interesse in altri territori. È il concetto che sta alla base dell’uso della disinformazione odorosa per contrastare l’azione dei predatori.

“L’olfatto è un senso a distanza, un modo per comprimere lo spazio e scoprire in anticipo cosa ci aspetta. Moltiplica la conoscenza dell’ambiente e sulle opportunità che offre. Gli indizi odorosi forniscono informazioni sugli animali presenti in un determinato territorio” racconta Catherine Price della School of Life and Environmental Sciences, University of Sydney, Australia. “Le proprietà caratteristiche di un particolare odore permette ai predatori di disporre utili informazioni su chi lo produce e la possibilità di venire percepito a distanze di chilometri evita dispendiose ricerche casuali nel territorio.”

Gli erbivori hanno il bisogno fisiologico di individuare la qualità delle piante con cui alimentarsi per evitare possibili tossine prodotte dalle stesse. I wallaby delle pianure australiane non solo cercano il cibo utilizzando indizi olfattivi, ma li usano per identificare le piantine di migliore qualità nel loro territorio di pascolo. I roditori usano l’olfatto per rintracciare i semi che avevano sepolto mesi prima e per rubare quelli dei loro concorrenti.

L’ecologia cognitiva utilizza questo vasto repertorio di comportamenti olfattivi dei predatori intervenendo attivamente sul territorio con varie tecniche di camuffamento odoroso per la difesa dalle prede, diventando così un modello di intervento sostenibile, non inquinante per l’ambiente e a costi contenuti.

Pianura glaciale del bacino di Mackenzie nel Isole del Sud della Nuova Zelanda. È la tradizionale zona di nidificazione dei Pivieri a Doppia Fascia, delle Beccacce di Mare Pezzate e dei Beccostorto endemici di quei territori. L’obbiettivo primario è salvare le loro uova dalla predazione dei ricci europei, dei furetti e dei gatti selvatici utilizzando un contro intervento di dissuasione odorosa per prevenire i loro attacchi quando sono in cova nei loro nidi.

Temporalmente a cavallo di questo evento, le loro tradizionali aree di nidificazione sono state saturate con l’odore prodotto utilizzando quello caratteristico di tre specie diverse di uccelli. È stato distribuito in forma liquida in modo casuale sul territorio una volta ogni tre giorni in circa quattrocento punti diversi con una media di 2,5 punti-odore per ettaro.

Il trattamento di ‘dissuasione odorosa’ ha più che raddoppiato le probabilità di schiusa delle uova delle specie di uccelli in osservazione” racconta Grant Norbury del Manaaki Whenua Landcare Research, Alexandra, New Zealand “Un risultato che dimostra come i predatori imparino rapidamente a non focalizzare il loro interesse su indizi olfattivi che non producono i risultati sperati in termini di quantità di cibo recuperata. Un approccio che offre nuove opportunità di mitigare gli effetti della predazione su rilevanti scale ecologiche senza alcun intervento diretto sugli animali”.

Sono risultati che hanno avuto l’effetto di riequilibrare i numeri delle popolazioni di uccelli di quei territori della Nuova Zelanda e aprono alla possibilità di poter disporre di innovative modalità di approccio per la riduzione della predazione animale che non sono inquinanti per l’ambiente e riproducibili in altri contesti territoriali come è puntualmente avvenuto due anni più tardi.

In Australia meridionale non c’è il problema di salvaguardare la riproduzione delle popolazioni di uccelli, ma i raccolti di grano dai topi i Mus musculus che producono perdite importanti del raccolto a ridosso della semina. In alcuni territori tradizionalmente votati alla produzione di grano sono stati contati fino a 300 topi per ettaro con gli immaginabili danni che possono provocare. I topi sono golosi di semi e immediatamente dopo la semina li individuano con l’olfatto e li dissotterrano. Peter Banks e i suoi collaboratori della Sydney University hanno sfruttato questo modo di individuare i semi e hanno pensato di riprodurre il modello di intervento di ‘dissimulazione odorosa’ che ha funzionato così bene a difesa degli uccelli della New Zealand.

L’intervento del gruppo operativo guidato da Banks è stato realizzato su 27 ettari di terreni seminati a grano su parcelle trattate con odore ricavato dal grano alternate ad altre con funzione di controllo lasciate tal quale. Per la disinformazione è stato utilizzato l’olio di germe di grano un sottoprodotto della sua macinazione spruzzato sul terreno in quantità tali da sovrastare l’odore dei semi sotterrati. Interventi finalizzati a rendere senza ricompensa il binomio odore-seme dal punto di vista dei topi e indurli ad abbandonare le ricerche sulle parcelle trattate dato che non producono risultati tangibili in termini di quantità di cibo e oltretutto energeticamente onerose.

Le operazioni di camuffamento hanno seguito due schemi diversi. Distribuzione di olio di germe di grano in pre e post semina oppure in una unica soluzione subito dopo la messa a dimora dei semi. Nei due casi i risultati ottenuti sono stati sovrapponibili. Due settimane dopo le operazioni di semina con la germinazione completata è stata calcolata una riduzione del danno attorno al 63% un valore che è la media dei due metodi di intervento contro quelli ottenuti nelle parcelle non trattate. Uno strumento in più per la salvaguardia ‘smart’ del grano australiano e non solo quello.