RuBisCO

RuBisCO

E’ l’acronimo della più diffusa proteina della biosfera ed é responsabile della trasformazione in sostanza organica dell’anidride carbonica presente nell’atmosfera terrestre.


Sei molecole di anidride carbonica sommate a sei molecole di acqua e all’energia di miliardi di fotoni che provengono dal sole, producono una molecola di glucosio e sei molecole di ossigeno. È la più importante reazione biochimica che da centinaia di milioni di anni avviene sulla Terra conosciuta semplicemente col nome di fotosintesi clorofilliana. Con l’energia proveniente dal sole, trasforma semplici composti chimici come l’acqua e l’anidride carbonica in sostanza organica che alimenta tutte le forme viventi del pianeta. È stata definita produzione primaria di energia.

Con la fotosintesi clorofilliana ogni anno più di 120 gigatonnellate di CO2 sono trasformate dalle piante, dalle alghe, dai microorganismi e dal fitoplancton in sostanza organica e vengono sottratte all’atmosfera terrestre. Da milioni di anni RuBisCO é il centro funzionale di questa trasformazione perché fa parte del metabolismo energetico degli organismi fotosintetici ed ha letteralmente trasformato la storia evolutiva del nostro pianeta. Tutti gli animali esseri umani compresi devono la loro esistenza a questo enzima. Ha reso possibile l’attività fotosintetica delle piante delle foreste, di quelle utilizzate in agricoltura per la produzione di cibi vegetali e del fitoplancton negli oceani. Ma custodisce importanti segreti.

È una molecola che si é evoluta prima della comparsa dell’ossigeno nell’atmosfera terrestre avvenuta in una lunga sequenza di eventi geologici e climatici che sono iniziati 2,5 miliardi di anni fa e conclusi circa 2 miliardi più tardi. Al termine di questo periodo, le concentrazioni di CO2 in atmosfera che all’inizio erano molto superiori a quelle attuali, sono diminuite mentre sono cresciute quelle dell’ossigeno che si sono attestate grossomodo su quelle odierne. È conosciuto come ‘il grande evento di ossidazione’.  La genesi evolutiva di RuBisCO avvenuta all’interno di questa lunga transizione, é all’origine della sua nota scarsa efficienza funzionale.

“Fa errori, anche grossolani. Come enzima la sua velocità nel regolare le reazioni biochimiche della fotosintesi dovrebbe essere cinquanta volte superiore, per uguagliare quella tipica di enzimi simili. Produce composti tossici per le piante ed é stato stimato che approssimativamente oltre il 30% dell’energia fotosintetica che proviene dal sole, non viene utilizzata perché viene smaltita al di fuori del metabolismo delle cellule vegetali, attraverso la fotorespirazione” osserva Tobias Erb direttore del Dipartimento di Microbiologia Terrestre del Max Planck Institute di Lipsia, Germania. “Malfunzionamenti che sono dettati dalla scarsa attitudine di questa molecola nel discriminare l’anidride carbonica dall’ossigeno, attività che ne rallenta e ostacola le sue funzionalità. Purtroppo in questo caso l’evoluzione ha prodotto un risultato imperfetto di cui paghiamo i costi”.

Era stato facile profeta François Jacob premio Nobel per la Medicina nel 1965. In un suo articolo pubblicato nel 1977 e passato alla storia della biologia, aveva paragonato l’evoluzione ad un lavoro di bricolage. Procede con aggiustamenti parziali utilizzando i materiali genetici che sono a disposizione in quel momento storico. Il suo percorso non é lineare, non si sviluppa dal semplice al complesso seguendo un piano razionale come potrebbe fare un architetto nel costruire una casa, perché non c’é un obbiettivo razionale  da raggiungere secondo i nostri standard. Quello che ora osserviamo é il risultato della storia di due miliardi di anni di evoluzione di RuBisCO avvenuta durante il grande evento ossidativo. Spinte ambientali contrastanti hanno lasciato pesanti tracce negative sulla sua efficienza funzionale, decisamente lontana da un profilo operativo che possa essere definito in qualche modo ‘razionale’.

Nell’economia della trasformazione della CO2 dell’atmosfera terrestre in sostanza organica, il malfunzionamento di questa molecola ha un peso determinante. Nelle piante con un metabolismo C3, le più diffuse sul pianeta, l’efficienza fotosintetica del percorso di conversione della luce del sole in biomassa é sorprendentemente bassa se comparata a quella delle cellule fotovoltaiche: a fronte di una resa teorica del 4,6%, quella reale é meno della metà. Certo non tutta la luce del sole può venire utilizzata dalla fotosintesi. E’ sensibile solo ai fotoni nelle frequenze del rosso, l’esposizione fogliare media é variabile, ma su questo dato negativo pesa in gran parte l’energia impiegata dalla fotorespirazione che si calcola riduca fino al 48% l’efficienza della fotosintesi nelle piante C3. Torniamo inevitabilmente a RuBisCO e ai suoi limiti.

“E’ una situazione insostenibile su cui dobbiamo intervenire” commenta Tobias Erb “Anche piccole percentuali di miglioramento della efficienza della fotosintesi potrebbero condurre ad incrementi significativi delle rese agricole nelle aree coltivate del pianeta, un contributo importante contro la fame nel mondo. Con lo sviluppo della biologia sintetica é diventato possibile immaginare soluzioni razionali non più legate ai vincoli evolutivi come si sono sviluppati nella storia”. Ma la progettazione e realizzazione di nuovi modelli sintetici di RuBisCO, non ha dato i risultati sperati perché sono molecole artificiali che si vanno ad inserire in complessi percorsi metabolici di lunga data molto strutturati i quali hanno una scarsa se non nulla permeabilità alle novità.

Il passo successivo é stata l’ideazione e la creazione ex-novo di percorsi metabolici completamente sintetici non solo per la fissazione della anidride carbonica, ma per tutte le fasi successive di sfruttamento dei suoi derivati. Paul South del Carl Woese Institute for Genomic Biology, University of Illinois, Usa e i suoi collaboratori hanno realizzato un progetto pilota, un proof-of-concept, utilizzando le piante di Nicotiana tabacum ritenute le più adatte allo scopo. Con l’ingegneria genetica hanno indotto nei cloroplasti della pianta la capacità di metabolizzare l’anidride carbonica con un percorso alternativo a quello naturale. I risultati ottenuti sia in serra che in pieno campo sono stati l’aumento della produzione di biomassa vegetale e il miglioramento dell’efficienza della fotosintesi.

“Tuttavia nessuno di questi progetti pilota ad oggi é arrivato allo stadio di approvazione da parte dei vari Enti Certificatori nazionali e della conseguente possibilità della loro utilizzazione in pieno campo su vasta scala” ricorda Tobias Erb “Concettualmente la strada percorsa é quella giusta, ma sarà ancora lunga perché é un modello di produzione agricola fortemente innovativo che richiede non solo pesanti investimenti in ricerca, ma anche il training di personale qualificato, infrastrutture fisiche dedicate e la necessità di disporre di abilità sociali distribuite sul territorio”.