Termiti e Ambiente

Termiti e Ambiente

Si nascondono dalla luce del sole e vivono al buio nel sottosuolo dove costruiscono società altamente organizzate che con i loro nidi condizionano l’ecosistema del territorio circostante.


Sono isole di biodiversità nelle savane africane, gestiscono il riciclo dei rifiuti vegetali, mitigano gli effetti della siccità nelle foreste pluviali, i loro nidi sono un modello di bioingegneria naturalistica e di risparmio energetico da cui dovremo trarre ispirazione per le nostre città. Sono una antica classe di insetti comparsi sulla Terra grossomodo 350 milioni di anni fa. Resti dei loro nidi sono stati rinvenuti in vari continenti, i più antichi sono in Brasile e risalgono a 3800 anni fa. Dalle popolazioni locali, le termiti erano considerate solo delle abili costruttrici di nidi. Di tante forme e dimensioni sparsi un po’ ovunque nelle savane africane, in quelle australiane, nelle foreste pluviali dell’Asia e dell’America meridionale.

“Nel passato noi ricercatori ci siamo concentrati prevalentemente sullo studio dei loro nidi, dimenticando che rappresentano solo la parte più visibile delle molte abilità nascoste di cui dispongono quelle società animali” racconta Justice Muvengwi della Sustastainability Research Unit, Nelson Mandela University, George, South Africa. “Ora sappiamo che i loro nidi sono isole di biodiversità nelle savane e nelle foreste pluviali del pianeta che giocano un ruolo decisivo nel sostenere il bioma di quegli ambienti”. Muvengwi é un ricercatore che ha fatto dei suoi studi sul campo non solo un lavoro, ma una missione. Perché l’Africa da decenni é stata attraversata e raccontata quasi esclusivamente dagli antropologi, ma é un continente che deve fare urgentemente i conti anche con la imprescindibile necessità di preservare per quanto possibile il suo equilibrio ecologico. C’é molto lavoro da fare per un biologo.

L’economia del ricircolo dei rifiuti é uno dei temi caldi delle nostre società avanzate, una narrazione presente nei nostri media. In silenzio le termiti con altri insetti come le formiche e i funghi, la praticano con efficienza da migliaia di anni. È una attività necessaria poiché gli scarti non gestiti avrebbero l’effetto drammatico di bloccare il ciclo naturale vita/morte del vivente. “Fino a poco tempo fa avevamo ipotizzato che fossero i microbi e il clima i fattori cruciali del ricircolo della materia organica” dice Hannah Griffiths della School of Biological Sciences, University of Bristol, UK “Ma i risultati di recenti ricerche hanno dimostrato che negli ecosistemi tropicali e subtropicali, gli invertebrati, in particolare le termiti, giocano un ruolo altrettanto decisivo”.

Si nutrono di legno e con la loro attività, degradano più del 50% degli scarti della materia organica prodotta annualmente dalle piante. Sono uno dei pochi animali in grado di demolire le macromolecole della lignina, un materiale organico estremamente resiliente perché fornisce il necessario supporto meccanico alla crescita in verticale degli alberi. L’apparato digerente delle termiti é in simbiosi con batteri, archaea e i funghi Termitomyces, una collaborazione che produce un gruppo di enzimi specializzati nella demolizione/digestione di materiali organici particolari per la loro struttura chimica come la lignina.

Non solo. Le termiti intervengono attivamente sulla composizione fisica del suolo attraverso le loro quotidiane attività di scavo, di rimozione e di spostamento della terra che sono necessarie per la costruzione e la manutenzione dei loro nidi. Questo incessante lavorio sotterraneo arieggia il suolo e redistribuisce orizzontalmente e verticalmente i nutrienti minerali presenti. Contribuiscono così alla biodiversità, alla crescita e sopravvivenza delle piante, perché con queste attività creano un ambiente ideale dal punto di vista fisico e chimico.

Di fatto i nidi di termite e il territorio limitrofo si trasformano in un esteso hotspot all’interno del quale si accumulano azoto, fosforo, calcio, magnesio, potassio e altri microelementi necessari per il metabolismo delle piante. Uno studio realizzato nello Zambia meridionale ha verificato che il terreno raccolto sui nidi delle termiti e nelle loro immediate vicinanze, ha un contenuto decisamente interessante di nutrienti per le piante e che può utilmente essere utilizzato dai piccoli coltivatori locali, come integrazione della tradizionale concimazione chimica.

Le savane occupano circa un quinto della superficie del pianeta. “Sono antichi ecosistemi modellati dalla quantità di piogge, dal clima, dalla geologia, dal fuoco e dagli erbivori” ricorda Muvengwi. “Analizzata su scala locale, l’attività di artropodi come gli scarafaggi, le formiche e le termiti ha un impatto cruciale sull’ecosistema, in modo particolare le ultime attraverso i loro nidi e i terreni limitrofi”. Con la collaborazione di due colleghi ha voluto misurare sul campo il loro effettivo ‘peso’ ecologico. Hanno selezionato dodici siti distribuiti a macchia di leopardo nell’Africa centro meridionale per disporre di situazioni ambientali con caratteristiche fisico climatiche diverse e analizzare in dettaglio il rapporto che si stabilisce fra la presenza di nidi di termiti e le piante legnose all’interno di quel particolare ecosistema.

Hanno scelto di misurare questo rapporto utilizzando il concetto di diversità filogenetica, un altro modo per calcolare la biodiversità. I loro risultati sono stati in linea con le ipotesi correnti prodotte da altri studi sul campo. “La biodiversità vegetale é decisamente più alta nel territorio occupato dai nidi che non nella aperta savana” dice Muvengwi. “Evidentemente c’é un accumulo di macro e micro nutrienti e una struttura fisica del suolo tale che quelle zone diventano degli ‘attrattori ambientali’ per molte specie vegetali e animali di quei territori poveri”.

Foresta pluviale del Borneo sudoccidentale durante un estremo periodo di siccità nell’anno a cavallo fra il 2015-2016 causato da El Niño il fenomeno climatico prodotto dal periodico riscaldamento delle acque dell’Oceano Pacifico. E’ lo scenario scelto da Louise Ashton del Department of Life Sciences, Natural History Museum, London, con altri colleghi per  verificare con una ricerca sul campo, la capacità delle comunità di termiti di supportare l’ecosistema locale in queste condizioni climatiche così critiche.

I risultati dello studio hanno messo in luce che grazie alla presenza di colonie di termiti sul territorio messe a confronto con la loro assenza, alcuni valori ambientali critici di una foresta pluviale, sono rimasti ancora in zona di sicurezza. Sono parametri come la velocità di decomposizione delle foglie e degli scarti di legno, la profondità sopra terra del materiale organico non decomposto, il tasso di umidità al suolo, la quantità totale di un gruppo selezionato di dieci nutrienti minerali. Non male considerando che il picco di scarsità di precipitazioni é durato dal maggio 2015 al luglio del 2016.