01 Apr La Terra Desolata
Più di cinquecento milioni di anni fa era una monotona e nuda distesa di rocce senza soluzione di continuità. La spettacolare comparsa e diffusione delle piante terrestri ha scritto la storia del pianeta come la conosciamo.
Era un ambiente primordiale colonizzato da specie ancestrali di cianobatteri, alghe, funghi, muschi, dominato dalla luce dal sole e da grandi quantità di anidride carbonica i cui valori oltrepassavano ampiamente le duemila parti per milione. Stimolate da questa abbondanza di nutrienti, alcune specie di alghe verdi fotosintetiche in simbiosi con i funghi, dall’acqua dolce si sono trasferite sulla terra ferma. Per lungo tempo la loro é stata una vita marginale perché era un ambiente difficile se misurato con il loro stile di vita precedente. Quattrocentosettanta milioni di anni fa é arrivata la svolta. Tra le tante specie di alghe verdi, le charophyte “Attraverso un insieme di complesse innovazioni evolutive si sono trasformate in piante terrestri, le embriophyte, che si sono rapidamente diversificate fino a dominare gran parte degli habitat del pianeta” dice John L. Bowman dello Head Land Plant Research Group, Monash University, Australia. “Sono state le progenitrici di una lunga schiera di altre specie di piante adattate a questo nuovo ambiente che sarebbero comparse nei milioni di anni successivi”. Dall’acqua dolce alla terraferma, era iniziato un viaggio che nei milioni di anni a venire, avrebbe riservato molte sorprese e trasformato in via definitiva quel mondo sterile e privo di vita.
E’ stato l’inizio della colonizzazione della terra ferma da parte delle piante con un processo evolutivo che da allora non si sarebbe più fermato. A disposizione c’era energia solare senza limiti e una atmosfera carica di anidride carbonica che alimentavano la fotosintesi di queste nuove forme di vita arrivate sulla terra ferma e fornivano loro l’energia indispensabile per lo sviluppo. Le uniche difficoltà erano la scarsità di nutrienti presenti nelle rocce e la carenza di acqua, ma a questo si sarebbe ovviato con sorprendenti soluzioni innovative. Le possibilità ecologiche letteralmente senza fine offerte dalle immense quantità di territori da colonizzare, vennero sfruttate al meglio dalle piante terrestri fino a condizionare gran parte del percorso evolutivo del pianeta. “E’ stata una rivoluzione silenziosa che ha cambiato per sempre la storia della Terra ed ha preparato la strada per tutto ciò che da allora in poi è accaduto sulla terraferma e non solo, in termini evolutivi: clima, animali, temperature, ambiente, la stessa storia della nostra specie e molto altro” ha commentato Richard Alan Fortey paleontologo e geologo britannico. E’ stata una sorprendente cavalcata della durata di milioni di anni fra centinaia, forse migliaia di innovazioni genetiche che hanno letteralmente costruito dal nulla la componente chiave della struttura organica delle terre emerse.
Si é rafforzata innanzitutto la capacità di gestire l’acqua. C’é un importante segreto che gli alberi rivelano quando li osserviamo in dettaglio con la lente di ingrandimento. Oltre il fusto, oltre i rami, sulla pagina inferiore delle foglie e nei singoli aghi delle conifere. Troviamo due cellule allungate e posizionate una di fronte all’altra. Ognuna di loro ha una piccola apertura regolabile o stoma, dal greco bocca. Sono migliaia. E’ stata una soluzione sofisticata comparsa per la prima volta nei reperti fossili quattrocentoventi milioni di anni fa per risolvere un problema di lungo corso delle piante. Come scambiare anidride carbonica con l’atmosfera per produrre nuovi tessuti e allo stesso tempo perdere la minore quantità d’acqua possibile con l’ambiente. “Per gli alberi da quando sono diventati organismi terrestri l’acqua é diventata l’elemento cruciale dopo che si sono ritrovati a vivere nell’aria, un ambiente a rischio da questo punto di vista” dice David J. Beerling della School of Biosciences, University of Sheffield, UK. “L’acqua é fondamentale per il loro metabolismo di base, per mantenere il giusto grado di rigidità dei tessuti delle membrane delle loro cellule e guidarne il loro sviluppo. L’apparizione delle piante con gli stomi ha segnato in modo radicale il nuovo corso delle piante terrestri”.
I fossili miracolosamente ben conservati di Rhynie Chert, un piccolo paese dell’Aberdeenshire nel nord est della Scozia, testimoniano che quattrocentodieci milioni di anni fa le radici di quelle protopiante fossero poco sviluppate, ma già in precoce collaborazione con forme ancestrali di micorrize. Una radicazione superficiale che non consentiva ancora lo sviluppo di una parte aerea di grandi dimensioni. Alcuni milioni di anni più tardi sono apparse le protogimnosperme specie di alberi con una architettura generale di una certa complessità, assimilabile alle moderne conifere con tronchi del diametro oltre il metro e mezzo alte più di 30 metri. Dimensioni che erano senza dubbio favorite da una struttura radicale e delle micorrize in simbiosi, molto simile a quelle delle specie contemporanee di conifere. Ed é iniziata un’altra storia. “La vera natura delle piante, più che nella parte aerea, va ricercata nel loro immenso, é il termine più adeguato, apparato radicale che sostiene in termini concreti direttamente e indirettamente il loro metabolismo con tutti i nutrienti di cui hanno bisogno” dice František Baluška dell’Institute for Cellular and Molecular Botany, Bonn University.
In tema di modelli riproduttivi si é passati dalle spore portate dal vento, ai semi che hanno favorito la diffusione delle piante anche in climi asciutti. In particolare quella delle conifere che ancora oggi dominano vaste zone delle foreste boreali. Ma anche questo meccanismo, ancora oggi perfettamente funzionante, si é rivelato macchinoso, lungo e troppo dipendente dal clima e dalle condizioni meteorologiche. La soluzione al problema con la evoluzione delle Angiosperme centoquaranta milioni di anni fa all’inizio del Cretaceo, é stata elegante e allo stesso tempo affascinante per il pianeta: sono stati i fiori. Con colori e profumi hanno attratto uccelli e insetti utilizzati come corrieri della riproduzione contribuendo allo sviluppo della biodiversità. Prima con i semi e poi con i fiori la riproduzione delle piante é cambiata per sempre, due invenzioni affascinanti. “L’esplosiva comparsa delle piante fiorite che hanno colorato il pianeta, costituisce uno dei più straordinari eventi di vasta portata della storia evolutiva delle piante mai testimoniata sulla Terra. Le piante con un sistema riproduttivo più primitivo che fino ad allora avevano dominato la scena del pianeta, hanno iniziato a svanire sotto l’urto di questo avvenimento” dice Patrick Herendeen Senior Director del Chicago Botanic Garden, Illinois. Da allora le Angiosperme hanno progressivamente colonizzato la maggior parte degli ecosistemi del pianeta con una straordinaria varietà di specie. Sono circa trecentomila quelle esistenti stimate, oltre il 90% di tutte le piante terrestri conosciute.
Ultime fra i trenta e i quaranta milioni di anni fa sono arrivate le graminacee, uno dei biomi dominanti del pianeta, in alcuni territori anche a spese delle foreste. Hanno avuto un impatto profondo nell’ecosistema poiché rappresentano l’alimentazione quotidiana di miliardi di animali e di esseri umani. Il riso, il grano, l’orzo, la segale sono graminacee della famiglia delle Poaceae così come quelle che hanno colonizzato le grandi praterie americane, le savane africane e le distese delle pianure asiatiche. Coprono più del 40% della superficie emersa della Terra. Sono apparse prima quelle con il metabolismo C3 in habitat aperti e in successione fino al tardo Neogene quelle con il metabolismo C4 alle latitudini tropicali e subtropicali. Devono il loro successo a fattori come la capacità di adattamento ad una ampia varietà di climi, le rese colturali e alla loro fisiologia. Sono dotate della abilità di produrre nuovi germogli dalle propaggini vegetative sotterranee che permette loro di resistere al fuoco, alla scarsità di precipitazioni e alla attività predatoria degli erbivori e di altri animali. Verso la fine del Miocene 10 milioni di anni fa, la Terra si ritrovò in gran parte verde e grazie alle piante era diventata un enorme ecosistema vivente, la Società delle Piante. Nuovi esperimenti evolutivi sarebbero iniziati a breve tra i primati delle savane dell’Africa Orientale che avrebbero sfruttato le opportunità create da quei nuovi ecosistemi.
Con le loro radici saldamente ancorate al suolo supportate in questo ruolo dalle micorrize, le piante si sono saldamente collocate all’intersezione fra il mondo inorganico dell’atmosfera terrestre e quello organico delle terre emerse perché sono la parte apicale della sua piramide alimentare. Trasformano la luce del sole e l’anidride carbonica dell’atmosfera terrestre in sostanze nutritive per sé e per tutto il mondo animale. Produzione primaria di energia é stata definita. E’ lo stesso ruolo che svolge il fitoplancton con la fauna degli oceani. Non esisteremo noi esseri umani, i carnivori, gli insetti, le formiche, gli elefanti. Le piante sono invece indipendenti. Luce dal sole e anidride carbonica sono presenti in quantità sufficienti nell’ambiente per alimentarle. Stabilizzano il clima perché controllano la quantità di anidride carbonica presente nell’atmosfera e implicitamente le temperature medie del pianeta. Più di cento giga tonnellate é la quantità annua che piante e fitoplancton utilizzano per il loro metabolismo e trasferiscono nelle profondità del sottosuolo e dei fondali oceanici. A cui vanno aggiunte miliardi di tonnellate di ossigeno e di acqua che riversano in atmosfera.
Un ruolo nell’ambiente talmente articolato che Stefano Mancuso docente di Scienza delle Piante alla Università di Firenze ha una posizione polemica nei confronti dei ricercatori ambientali. “I modelli climatici che hanno sviluppato negli ultimi decenni hanno cristallizzato il ruolo delle piante come semplici accumulatori di anidride carbonica, sottovalutandone così i loro effetti sull’equilibrio climatico generale che dovrebbero essere inseriti in un quadro analitico e concettuale diverso e più attinente alla realtà di questi esseri viventi”.