08 Gen Notizie da Un Altro Mondo
Gli Tsimane, un popolo delle foreste boliviane, non sanno cosa siano le malattie cardiovascolari che da decenni sono la prima causa di morte e di morbilità nei paesi sviluppati.
Per queste patologie in Italia siamo costantemente oltre i duecentomila decessi annuali, più di quelli di due anni di Covid. È il nervo scoperto delle nostre società occidentali così fiere della qualità della vita che é stata raggiunta dopo la Seconda Guerra Mondiale.
“Negli ultimi decenni abbiamo dato vita a meraviglie tecnologiche e farmacologiche per affrontare le malattie cardiovascolari in tutte le loro manifestazioni, però continuano ad essere presenti nelle società occidentali come prima causa di morte e di morbilità tra la popolazione. Tutto questo sfoggio di costosa tecnologia riflette un fallimento della prevenzione e la mancanza di una comprensione profonda delle cause di questo fenomeno.” é il commento di un preoccupato Peter Libby della Harvard Medical School di Boston, un top player della ricerca cardiovascolare internazionale.
Le brutte notizie non sono finite qui poiché in USA negli ultimi sei anni la loro incidenza tra la popolazione é aumentata del 7,5% nonostante la grande disponibilità di farmaci e di strutture ospedaliere per queste patologie. Gli Tsimane sono una eccezione positiva rispetto a questa tendenza negativa che interessa tutte le società sviluppate. Nel secondo decennio del nuovo secolo erano complessivamente all’incirca 16.000 divisi in 90 villaggi sparsi nella parte della foresta amazzonica compresa nel territorio della Bolivia.
“Gli appartenenti a questa tribù hanno la più bassa incidenza della aterosclerosi di qualsiasi popolazione al mondo mai segnalata fino ad oggi” dice Michael Gurven del Department of Anthropology, University of California, Santa Barbara, California.”Sopra i 40 anni la loro probabilità di contrarre malattie cardiovascolari é sei volte inferiore a quella degli abitanti degli Stati Uniti. Le pareti delle arterie di un over ottanta del popolo Tsimane sono simili a quelle di un abitante di Milano o di New York di trenta anni più giovane. Tutti i loro marcatori di rischio cardiovascolare, colesterolo, trigliceridi, pressione arteriosa e PCR, sono ampiamente al di sotto della soglia di pericolo”.
Sono i risultati di una ricerca realizzata dallo stesso Gurven e suoi colleghi che hanno indagato sullo stile di vita di questo popolo, una delle tante iniziative scientifiche dello Tsimane Health and Life History Project, un Centro Studi associato al National Institute on Aging. Ricerche interdisciplinari sono in corso per capire le cause di questa loro sorprendente diversità in tema di patologie cardiovascolari. Il loro genoma é simile per il 99,9% a quello degli Inuit della Groenlandia, di un abitante di Tokio, di Roma o di un appartenente alla tribù degli Hadza in Tanzania, un altro popolo con uno stile di vita tradizionale.
Tutte le analisi genetiche realizzate in questi anni sui campioni più disparati di popolazione umana, hanno dato sempre gli stessi risultati: siamo tutti Homo sapiens discendenti da precursori comuni che vivevano in diversi territori dell’Africa tra i duecento e i trecentomila anni fa. C’é una maggiore diversità genetica in una tribù di un centinaio di scimpanzé delle foreste della Repubblica del Congo, rispetto a tutta la attuale popolazione mondiale. Nel rimanente 0,1% di genoma potrebbe trovarsi la loro eventuale diversità rispetto a noi occidentali. Ma non é così.
Malattie complesse come le cardiovascolari, il cancro, il diabete, quelle respiratorie e le neurodegenerative non sono riconducibili a dati genetici. “Quali siano i geni coinvolti in queste malattie, non sappiamo dirlo, ma sono sicuramente tanti”commenta Guido Barbujani ordinario di genetica all’Università di Ferrara “Più sono i geni coinvolti, minore é il contributo di ciascuno di loro alla malattia e qualora li avessimo riconosciuti uno per uno non saremo lo stesso in grado di indicare quale sia il loro effetto perché queste sono malattie nelle quali nessun gene da solo é decisivo”.
Tutti i tentativi, e sono stati tanti, di ricondurre la diversità di questo popolo ad un imprecisato stigma genetico non hanno portato a nulla di conclusivo. “E’ una ipotesi é molto stuzzicante, ma dopo tutte le analisi che sono state realizzate sul caso, bisogna giocoforza concludere che la bassa incidenza delle malattie cardiovascolari fra gli Tsimane dipende in larga parte dal loro stile di vita che dovremo quindi promuovere nelle nostre società per quanto ciò sia possibile” commenta Raffaello Ditaranto del Dipartimento di Medicina Specialistica dell’Alma Mater Studiorum University di Bologna a conclusione di un studio sul tema.
Non rimane allora che affidarsi alle conclusioni a cui é arrivata tanta parte della ricerca scientifica contemporanea che individua negli stili di vita le cause prime non solo delle patologie cardiovascolari, ma delle malattie non trasmissibili in generale. In prima linea appunto le cardiovascolari, seguite dal cancro e dal diabete la cui incidenza tra la popolazione é in continua crescita. Gli imputati in ordine di importanza sono il modello alimentare, la sedentarietà, il fumo, il consumo di alcool e di droga.
Gli Tsimane gestiscono una economia tradizionale di sopravvivenza basata sull’orticoltura e sulla agricoltura a conduzione familiare per la produzione di riso, manioca e mais. Vengono aggiunti alla dieta il pesce di fiume e di lagune, una grande varietà di mammiferi neotropicali con la caccia e a seconda delle stagioni, la frutta fresca e le noci. Nel loro modello alimentare non sono presenti i carboidrati semplici come gli zuccheri e l’amido digeribile che rappresentano quasi il 50% nella dieta occidentale, ma solo materie prime non raffinate ricche di fibre alimentari, di sali minerali e vitamine, componenti essenziali per il metabolismo umano. Occasionalmente mangiano il miele che rappresenta non oltre il 10% della loro dieta.
Una ricerca pubblicata dalla rivista Lancet ricorda che la loro quantità media di calorie assunta quotidianamente non eccede i loro bisogni di energia, testimoniato dagli indici di massa corporea di uomini e donne, ambedue collocati in media attorno al valore salutare di 25. La loro quantità media di grasso corporeo é di dieci punti inferiore ai valori tipici delle popolazioni dei paesi sviluppati. Gli Tsimane si muovono in media tra le sei e le sette ore al giorno sul loro territorio, per gestire le tante attività connesse con la loro sopravvivenza. Composizione del loro modello alimentare, indicatori metabolici e attività fisica sono i segnali tipici di uno stile di vita sano che riduce di molti ordini di grandezza il loro fattore di rischio per le malattie non trasmissibili.
Al netto dell’abbigliamento, gli Tsimane potrebbero essere a tutti gli effetti i nostri vicini della porta accanto. Non sono alieni provenienti da un altro pianeta. Grazie a loro ora disponiamo di una informazione importante che ci tocca da vicino: in quella parte del mondo, esistono uomini e donne come noi, che praticano uno stile di vita riproducibile senza grandi difficoltà nei suoi elementi di fondo, in grado di prevenire con successo il rischio cardiovascolare del cancro, del diabete tipo 2. Un passo in avanti di grande significato. Non é il risultato di uno studio clinico di qualche prestigiosa Università, ma é il messaggio che ci arriva dalla vita quotidiana di questo popolo. Saremo capaci di imparare da loro?